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Salumi e consumi. Con ricordi

N. 88- Aprile 2024

 

 

 

Salumi e consumi. Con ricordi

Da bambino aprivo gli occhi e la prima cosa che vedevo appena sveglio, erano salami e cotechini appesi e ben allineati a delle pertiche di legno orizzontali pendenti dal soffitto. Perché solo 60 anni fa “disfare” il maiale, come usava dire mio nonno, era una pratica annuale che assicurava un costante rifornimento di carne ed energia per tutto l’inverno e la primavera inoltrata. Nessuno si preoccupava del colesterolo. Il colesterolo in eccesso era completamente sconosciuto, quindi non costituiva problema. 

L’ingrassaggio del porco, rigorosamente a patate, avanzi della cucina, frutta ammaccata, verdura, crusca, fagioli, iniziava almeno un anno prima. Di solito la regola era: via un maiale, sotto un altro. Lui, il maiale, mangiava, dormiva, grugniva quando era affamato per attirare l’attenzione, mettendo il suo bel nasone rosa tra gli spazi aperti del recinto. In gennaio, se non ricordo male, Kaputt!

Era un rito che con gioia (non certo per il porco) ed al mattino presto coinvolgeva all’esterno dell’aia diverse figure semi professionali di solito imparentate, e vicini di casa: il boia, abile a dare la morte all’animale con un solo colpo di stiletto, il raschiatore, che con acqua bollente ammorbidiva ed eliminava le grosse setole, lo squartatore che dissanguava, puliva e sezionava le carni del malcapitato animale. Alle donne invece il compito di lavare gli intestini per farne budello, dividere le carni, macinarle, condirle con sale, aglio e vino, rifocillare con cibo l’allegro gruppo di lavoro.

Alla fine della giornata, come un preciso processo industriale, del maiale restavano solo lardo, strutto, braciole, pancette, coppa, salsicce, salami, cotechini in quantità e salamine da sugo.  Il tutto veniva appeso in camera da letto, al piano superiore della casa colonica, per l’asciugatura e la stagionatura inziale. Ci si addormentava tra gli aromi ed i fumi di quel bendidio, ci si svegliava con l’odore della carne fresca sulla pelle che nemmeno l’acqua gelida del catino riusciva a togliere.

Le braciole erano le prime ad essere divorate nel giro di poche settimane. Il salame buono e perfettamente stagionato da affettare era un evento per festeggiare alla grande l’arrivo di parenti ed amici. La salama da sugo una prelibatezza per il giorno di Natale, rigorosamente accompagnata con salsa di cren. Lo strutto utilizzato per condire delle pinze salate dal sapore indimenticabile. Questa era la vera economia contadina circolare del cibo biologico a chilometro zero. Stupendi ricordi di un tempo che fu, sapori mai più ritrovati.

Marco Sàssoli

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