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Le pecore ritrovate e il sogno di Giulia

N. 88- Aprile 2024

 

 

 

Le pecore ritrovate e il sogno di Giulia

Tra lupi e pecore rinasce l’allevamento nel parco dei Monti Sibillini

C’è un nuovo fermento sui Monti Sibillini, la catena bella e montuosa tra Marche e Umbria. Un territorio affascinante colpito dallo spopolamento e dall’abbandono che il terremoto del 2016 ha aggravato e ferito inesorabilmente con la distruzione dei centri abitati, del tessuto produttivo e sociale.

La delocalizzazione della popolazione, spostatasi all’indomani del sisma negli alberghi della costa e poi rientrata solo in parte nelle casette (SAE Soluzioni Abitative Emergenza) ne è la riprova. I borghi un tempo affascinanti sono ancora chiusi, transennati “zona rossa”. Solo in questi ultimissimi mesi è partita la ricostruzione. Il silenzio cupo ora è rotto dal suono dei cantieri, dal vociare dei muratori. Le gru non deturpano il paesaggio ma simboleggiano la vita che ritorna.

Forse sarà questo, unito all’amore per un territorio marginale duro e bello al tempo stesso, che fa sì che rifioriscano aziende agricole e zootecniche condotte da giovani.

Ci sarà anche lo zampino generoso della politica comunitaria ma che comunque non giustifica la ripresa di attività legate all’allevamento. Nascono ad opera di giovani attività imprenditorialiin particolare legate agli ovini: di certo non è un’attività facile, tantomeno attrattiva per le ultime generazioni. Non da ultimo a rallentare la ripresa economica, ci si mette la lentezza amministrativa che frena gli investimenti e le autorizzazioni.

L’allevamento richiede passione e dedizione. Sempre. Non ci sono ferie né festività. L’impegno dei giovani è qualcosa di inaspettato e sorprendente, ancor di più nel cuore montuoso del parco Nazionale dei Monti Sibillini.

Fonte: ASSO.NA.PA. (ASSOCIAZIONE NAZIONALE DELLA PASTORIZIA)

Montefortino (FM), borgo nel cuore del parco che abbraccia vette che raggiungono i duemila metri, come il monte Vettore, il monte Sibilla, il monte la Priora, è cintato da mura fortificate che danno nome e fierezza al centro abitato medievale. Una volta era difficile non scivolare nelle piagge (vicoli in pendenza dove il passo tra un gradino e l’altro è della lunghezza del passo di muli e cavalli, perché qui il suono degli zoccoli era consuetudine).

In questo territorio, un tempo densamente popolato, le attività sono state per secoli legate all’economia montana, aspra e fredda. La pastorizia era ricchezza, conoscenza. Si allevavano pecore di razza Sopravissana, una razza rustica capace di affrontare inverni rigidi e nevosi senza necessariamente scendere a valle in stazzi che riparassero dalle intemperie e dalle copiose nevicate, perché solo gli agnelli di questa razza nascono già con il mantello di lana che li protegge dal freddo. Originaria di Visso, in provincia di Macerata, essa deriva da incroci fra ovini appenninici locali con arieti Merinos. Una razza dunque antica di secoli, ma quasi in via di estinzione, allevata principalmente lungo la dorsale appenninica tra Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo.

A seguito della crisi legata al mercato della lana e allo spopolamento delle aree interne, la popolazione della Sopravissana si è ridotta negli anni, tanto da attivare l’azione del Libro Genealogico tenuto dall’Associazione Nazionale della Pastorizia – Assonapa per la tutela il patrimonio dei capi, il miglioramento genetico e la valorizzazione dei prodotti derivati.

Eppure recentemente c’è un crescente interesse proprio per la lana della razza Sopravissana per la produzione di maglieria ed altri prodotti artigianali di elevata qualità.

Interprete e pioniera di questo nuovo Rinascimento è l’azienda “La Rocca” che proprio a Montefortino con il marchio Sibillana raccoglie e fila la lana di Sopravissana.

Giulia Alberti non viene dalla campagna e nella vita che non amava faceva la consulente finanziaria. Decide di dare un taglio al mondo economico e con determinazione sceglie di ricominciare dalle sue passioni: dalle pecore, dal territorio montano. Neanche suo marito Alberto ha origini legate alla pastorizia, lavorava con i ragazzi disabili. Oltre a due bambini piccoli, li lega la passione per le pecore e per la filatura. Così decidono di avviare questa attività. In montagna. Da zero.

Non sarà facile per la giovane famiglia inserirsi nel territorio del parco dei Sibillini. Il contesto non apprezza che donne (che non hanno nessun legame con la pastorizia) si attivino con determinazione in un ambito da sempre maschile.

Ma i coniugi non si sono arresi, nonostante il terremoto del 2016 che ha rallentato almeno fino al 2020 l’avvio del laboratorio di filatura. Poi dopo il sisma è arrivato anche il Covid. Niente visite al loro piccolo Museo della lana, non c’è il vociare dei bambini in gita scolastica a rompere il silenzio della montagna.  

L’inizio non è stato facile, l’azienda agricola La Rocca, ci tengono a sottolineare Giulia ed Alberto, non è riuscita ad ottenere finanziamenti perché la UE non riconosce la lana quale prodotto dell’allevamento.

M finalmente la determinazione vince. E l’etichetta Sibillana avvolge matassine di lana morbidissima. La filiera è corta. Ogni azienda agricola che partecipa alla filiera assicura agli animali standard elevati di benessere ed ottima qualità di vita. La filatura avviene con un bassissimo impatto ambientale, le risorse impiegate provengono da fonti rinnovabili ed anche il packaging è realizzato interamente in carta riciclata. La lana è tinta con colori naturali provenienti da piante del posto. Si tinge di blu con l’Indaco o con Legno campeggio, di rosso con radice di Robbia. L’Iperico quest’anno ha rifiorito dopo le piogge di fine estate, è abbondante, e la lana prende così tutte le sfumature del giallo. Per colorare di un bellissimo marrone naturale si usa il mallo di noce. Il Tagete, pianta virtuosa nell’orto, perché allontana gli insetti, e ornamentale in giardino, conferisce al filato tonalità aranciate. Poi l’alchimia e le sperimentazioni di Giulia non hanno confini, impiega galle di quercia, bacche, legni, fiori… Con un occhio attento e parsimonioso l’azienda impiega acqua non potabile e riutilizza le acque di scarico.

“Ci piace pensare che il 2023 sarà finalmente l’anno in cui Sibillana andrà a pieno regime” dice Giulia e le brillano gli occhi. “Ora che riprendono a pieno le attività scolastiche, sono già in calendario diverse visite e anche laboratori per adulti”.

“Sono tanti i bambini che arrivano fin qui da ogni parte di Italia e si innamorano dell’attività tintoria, della filatura della lana, degli animali. Rimangono, incantati dal rapporto forte e indissolubile tra le pecore e i cani che le proteggono dai lupi“ ci racconta Alberto. Questo territorio appartiene al lupo e le pecore costituiscono una preda ghiotta, ma i cani proteggono il gregge meglio di qualsiasi recinzione”.

In un territorio maestoso e aspro, colpito dal sisma, dove il lupo è di casa riprende l’attività agricola e l’allevamento tra mille difficoltà e con tanta passione da parte di chi decide di seminare qui il futuro. Non è straordinario?

Luana Spernanzoni

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