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In Valnerina, tra eremi e tartufi

N. 88- Aprile 2024

 

 

 

In Valnerina, tra eremi e tartufi

In provincia di Terni, la Valnerina conserva le sue gioie come in uno scrigno, nascosto agli occhi di chi non sa trovarle, tra valli, colline e montagne, rivestite da una vegetazione lussureggiante che nel periodo autunnale si colora di giallo, rosso e arancione.

Lungo la strada che conduce a Ferentillo, in vicinanza del paese, l’Abbazia di San Pietro in Valle sorge in un fitto bosco a mezza costa del monte Solenne e sovrasta maestosa la vallata, con la sua struttura squadrata e la torre campanaria in perfetto stato di conservazione. Circa la sua origine, storia e leggenda, narrate dall’esperta guida Sebastiano Torlini, si intrecciano tra loro, colorando di divino l’opera umana, che ha così acquisito un valore mistico, capace di attrarre i cuori dei fedeli e dei pellegrini nei secoli.

La storia ci racconta che quando, nel V secolo d.C., sul trono dell’Impero Romano d’Oriente si sedette Anastasio I, fedele all’eresia monofisita, molti monaci ed eremiti siriaci si recarono in pellegrinaggio a Roma percorrendo la via Flaminia, nei cui dintorni fondarono eremi o abbazie. La valle del fiume Nera fu scelta da alcuni di questi eremiti, fra cui Lazzaro e Giovanni, che vissero in grotte sulle pendici del monte Solenne, eremo divenuto luogo di culto tra le genti locali.

Narra la leggenda che dopo la morte di Giovanni, Lazzaro pregò il Signore di consolarlo e questi fece apparire in sogno a Faroaldo II, duca longobardo di Spoleto, San Pietro, che lo invitava a costruire una chiesa ed un monastero in suo onore; proprio qui il duca si fece seppellire nel 728. Edificata nell’VIII secolo, l’abbazia fu ampliata nel XII secolo e impreziosita da una serie di affreschi nella navata. Nella pareti laterali si trova infatti un importante ciclo dipinto con scene del Vecchio e del Nuovo Testamento che, sia per la bellezza dei colori, in particolare il turchese dello sfondo, sia per lo stato di conservazione, è considerato tra i più importanti della pittura romanica in Italia. In particolare il senso del movimento e l’iniziale uso della prospettiva in alcune scene rappresentano uno dei primi tentativi di innovazione rispetto allo stile “ieratico” della pittura bizantina e si racconta che perfino Giotto venne ad ammirare gli affreschi, prima di dedicarsi alla Cappella degli Scrovegni a Padova. Una curiosità, che la dice lunga sulla bellezza di questo luogo anche in epoca attuale, è il fatto che nel chiostro adiacente l’abbazia sono state girate alcune scene del film “Brancaleone”, che certo abbiamo tutti conosciuto e apprezzato.

Ancora immerso nel misticismo medioevale, lungo la via che riconduce a Terni, il visitatore è tuttavia nuovamente attratto dalle gioie terrene, grazie alle segnalazioni che ricordano come questa sia la terra del tartufo, gioiello di gusto nascosto sotto il suolo e tanto più prezioso quanto più è raro e difficile da trovare. Tant’è che si è meritato persino di essere protagonista di un’esposizione museale, appunto il Museo del Tartufo. A Scheggino, in piazza Carlo Urbani, è stata realizzata da qualche anno una struttura espositiva che racconta il ruolo rivestito dal tartufo nello sviluppo locale e nella quale sono esposte le testimonianze sulle grandi capacità sviluppate nella zona circa la raccolta e la trasformazione del tartufo, e soprattutto sulla rapida evoluzione delle tecniche di conservazione dello stesso, tanto da permetterne l’esportazione in tutto il mondo. Tante le fotografie, gli oggetti del passato presenti nelle sale, le storie e le curiosità, come la lettera diringraziamento del presidente Ronald Reagan per il tartufo da un chilo e 100 grammi ricevuto in dono.

Il piccolo ma interessante complesso espositivo, curato dalla famiglia Urbani, titolare di un’importante azienda che commercia tartufo, racconta, molto più delle parole, il percorso iniziato decenni fa da questa intraprendente famiglia della zona, volto a far conoscere e apprezzare il pregiato tubero sia in Italia sia nel mondo, un Made in Italy che è diventato simbolo identificativo per questo territorio.

Emilio Bonavita

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