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Il territorio al supermercato

N. 88- Aprile 2024

 

 

 

Il territorio al supermercato

Space è un’importante fiera agricola internazionale che si svolge annualmente a Rennes, in Francia. Tra i padiglioni che espongono capi bovini e suini di pregio e le migliori attrezzature per gli allevamenti, ci sono molti punti ristoro, dove i numerosissimi agricoltori fanno soste ristoratrici. Nell’ultima edizione, che si è svolta a metà settembre, mi ha colpito che quasi tutti i ristoranti e le caffetterie della Fiera pubblicizzassero che tutto il cibo servito era cibo locale. 

SPACE 2022

Una opzione “a chilometro zero” – diremmo noi- che la dice lunga sulla difesa che la Francia svolge per i propri prodotti. Anche con le parole ma non solo.

Il cibo locale si sta conquistando nell’immaginario collettivo la positiva caratteristica di essere sostenibile. Lo è sicuramente sotto molti profili: per le ridotte emissioni carboniche che una logistica a corto e medio raggio permette. Inoltre incrocia un altro aspetto (spesso trascurato) della sostenibilità: quello sociale. Il cibo locale produce lavoro localmente, favorendo il benessere economico della comunità.

Come può confermare chiunque legga una guida turistica o abbia fatto un viaggio, il cibo locale costituisce una componente fondamentale dell’attrattiva turistica del territorio. La splendida Ferrara lo sarebbe un po’ meno se non ci fossero, tra il Duomo e il Palazzo dei Diamanti, anche i cappellacci di zucca, le crocette di pane e il natalizio panpepato.

Lievita dunque, in tutte le componenti della popolazione, la consapevolezza che il cibo – il buon cibo- è pilastro essenziale dello sviluppo del territorio. Se ne stanno accorgendo anche molte insegne della Grande distribuzione organizzata, per le quali transita la stragrande maggioranza degli acquisti alimentari. Secondo le analisi di Federdistribuzione, tale percentuale supera l’80%.

Secondo l’indagine periodica di NielsenIQ, all’inizio dell’estate 2022 il fatturato della grande distribuzione organizzata in Italia, continuando a crescere, ha sfiorato i 12 miliardi di euro di giro d’affari mensile, con un andamento positivo dell’8% rispetto alla performance dell’anno precedente. La crescita dell’inflazione ha spostato una parte degli acquisti nelle reti di discount, che hanno registrato un aumento di vendite di quasi il 10% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. Ma forse non è tutta colpa dell’inflazione.

La lettura di “Guarda le luci, Amore mio”, della scrittrice Annie Ernaux, premio Nobel 2022 per la letteratura (il libro descrive le esperienze che l’autrice annota frequentando per un anno l’ipermercato Auchan di Cergy, una cittadina a nord ovest di Parigi) offre uno sguardo originale sulla grande distribuzione: chi compra cosa; come la direzione del negozio modifica i reparti a seconda della stagione e delle festività; come le persone si incontrano o si ignorano nelle corsie di vendita…

Ho preso spunto da tutto ciò per una piccola ricerca sul campo: se e come alcune insegne della GDO attive in Italia puntano o no sulla promozione del prodotto locale.

Ho visitato, con l’attenzione a questo particolare punto di vista, l’incidenza del territorio nella varietà dell’offerta commerciale, alcuni supermercati (li cito in ordine alfabetico) Bennet, Conad, Coop, Esselunga, Pam, Spar, e i discount Aldi e Lidl. I punti vendita sono tutti a Bologna, con l’esclusione del Bennet ddi Porto Garibaldi (FE). Riferisco brevemente che cosa ho trovato, con risultati non scontati.

Nell’ipermercato Bennet, (l’insegna del gruppo comasco nato dalla famiglia Ratti, una 70 ina di punti vendita in Italia, pochi in Emilia Romagna) nessuna segnalazione se non quella del “prodotto nazionale”; nemmeno un accenno neppure sul blasonato pane ferrarese o sull’aglio di Voghiera (FE) DOP.

Al Conad (Consorzio di cooperative con sede a Bologna, un fatturato di quasi 17 miliardi di euro e una quota di mercato del 15%) i prodotti locali sono richiamati con appositi cartellini, bruttini ma leggibili, sia nel settore ortofrutta sia nelle carni. Sul volantino degli sconti periodici questo riferimento non è evidenziato.

Nella Coop(marchio di una galassia di cooperative consorziate in Coop Italia, centro operativo a Bologna, 2.100 punti vendita di cui ben 238 nella sola Emilia Romagna, 60.000 dipendenti e un giro d’affari di 15 miliardi di euro), un immaginario bersaglio rosso verde indica i prodotti locali, che sono richiamati con lo stesso simbolo anche sul volantino.

All’Esselunga (la creatura milanese che fu di Bernardo Caprotti, che controlla circa l’8 % delle vendite in supermercati e ipermercati italiani, con oltre 170 punti vendita, più di 25.000 dipendenti e un fatturato di 8,4 miliardi di euro), nessuna evidenziazione dei prodotti locali. Solo un prodotto dell’ortofrutta è valorizzato come italiano (ma non locale). Attenzione soltanto per i vini dell’Emilia Romagna. Nemmeno il volantino richiama i localismi.

Il Pam (gruppo di origine veneta, che controlla anche il marchio discount In’s e quello di ristorazione veloce Brek; 970 punti vendita, quasi 3 miliardi di fatturato) non caratterizza con appositi cartelli i prodotti locali. Sul volantino, ricorre lo slogan “Sosteniamo i produttori italiani” accanto ad alcune referenze dell’ortofrutta o della pescheria.

Dentro Eurospar (uno dei marchi affiliati al gruppo olandese Spar, insieme a Despar e Interspar; la sede centrale di Despar Italia è a Casalecchio di Reno, nel bolognese. Complessivamente 1.350 punti vendita nel nostro Paese, un fatturato che sfiora i 4 miliardi di euro) i cartelli in alto invitano a privilegiare “i prodotti dei tuoi territori”. Difficile poi ritrovare quali siano questi prodotti nelle corsie di servizio. Per trovarli ho dovuto chiedere aiuto a una commessa. Li segnala infatti un minimo, e a mio parere inefficace, cartellino in bianco e nero. Il volantino non riprende il tema.

La mia ricerca è proseguita anche tra i punti vendita di due catene di discount, entrambe tedesche.

All’ingresso di Aldi(il gioiello tedesco dei fratelli Albrecht, l’ottava catena distributiva al mondo per fatturato, arrivata in Italia nel 2018 ed oggi operativa con 139 negozi) mi accoglie il grande manifesto di una coltivatrice di Faenza, che proclama che “l’orto è casa sua da sempre”.  Un frigorifero dei freschi si annuncia come scrigno delle bontà dalle regioni italiane, tra le quali la mortadella di Bologna IGP.

Lidl(stimata la seconda catena distributiva alimentare in Germania; in Italia dal 1992 con 20.000 collaboratori, 700 punti vendita e 11 centri logistici nelle sedi regionali), sia nei banchi vendita sia nel volantino sottolinea alcune verdure “coltivate in Italia” e alcune carni “allevate in Italia”, ma non si addentra in un progetto di comunicazione territorialmente più ravvicinato.

Qui finisce il racconto dei sopralluoghi. Qualche brevissima riflessione conclusiva.

Coop, Conad ed Eurospar dimostrano attenzione (chi più chi meno) al prodotto locale, pur essendo strutture con storie diverse.

Bennet, Esselunga e Pam propongono prodotti italiani di qualità garantendoli soltanto con i marchi della loro filiera.

Aldi strizza l’occhio al consumatore del territorio anche con il marchio tricolore “i colori del sapore” e il brand “assaporiamo” che promuove “le specialità italiane al prezzo Aldi”.

Lidl sul proprio sito sottolinea la presenza di oltre 3.500 referenze di cui l’80% è Made in Italy.

Insomma, globalizzazione sì, ma – per dirla con Alessandro Manzoni – “cum juicio”.

Forse non è tutta colpa (o merito) dell’inflazione. Forse è proprio questa crescente attenzione al prodotto nazionale e/o locale ad avere fatto crescere in misura così significativa i conti dei discount tedeschi nel nostro Paese.

Pare la conferma che il rapporto con il territorio è comunque vincente.

Lisa Bellocchi

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