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Il Presepio, una presenza

N. 88- Aprile 2024

 

 

 

Il Presepio, una presenza

Le figurine dei presepi a Bologna si vendevano un tempo davanti alla chiesa di Santa Lucia, in via Castiglione, quella dove oggi si trova l’Aula Magna dell’Alma Mater. Lì, dal 13 dicembre, festa di Santa Lucia, a Natale, i bolognesi di città e del contado trovavano le figurine per completare, o, nelle nuove famiglie, avviare, il presepio domestico. Si era soliti comprare, dopo le prime essenziali figure, Sacra Famiglia, asino e bue, Magi, una o due figurine all’anno, perché i soldi erano pochi: e c’era anche un bel significato. Un presepio è come specchio della vita della famiglia, e si costruisce negli anni.

Quando arrivarono i Francesi, che stravolsero la vita cittadina e soppressero fra il 1796 e il 1798 conventi e compagnie e confiscarono chiese facendone sovente stalle, i venditori di figurine spostarono il loro utilissimo mercato in Strada Maggiore, nei pressi della chiesa dei Servi di Maria, dove c’era e c’è un altare dedicato a Santa Lucia: perché il Natale a Bologna comincia a Santa Lucia, il 13 dicembre, ed è quello il giorno in cui si cominciava a preparare il presepio.

E lì, fino a quest’anno 2020 singolare fra tutti, si teneva una fiera che era comunque relativa al Natale, anche se ormai ben poche erano le bancarelle che esponevano figure presepiali: massimo una sola.

I figurinai storici avevano ceduto il passo, e la vendita delle figurine avviene ormai in casa: sono famosi, i nostri figurinai, i nostri artisti del presepio, perché oltre ad essere bravi, sono anche gli eredi di una tradizione secolare. I figurinai bolognesi degli ultimi anni sono eredi dei Piò, degli Scandellari, dei De Maria, dei Mazza, dei Cadenazzi, dei Righi, che negli ultimi quattro secoli non solo hanno riempito le nostre chiese di grandi statue in terracotta e gesso, presentando la serie degli Apostoli, i Profeti e gli Evangelisti, alla venerazione dei cristiani, ma anche non disdegnando di realizzare figure presepiali di uguale qualità ma di dimensioni  minori, destinate alle famiglie della nobiltà e della ricca borghesia. E queste finirono per avere una produzione seriale: oggi ce ne restano pochissime, e sono per la maggior parte radunate nel Museo Davia Bargellini, quello fondato da Malaguzzi Valeri che con alcuni tratti della sua “Arte Gaia” anticipò la scoperta successiva (e qui un pensierino devoto ad Andrea Emiliani, che a noi piace chiamare “inventore” dei “beni culturali”) del bello nelle cose piccole, comuni, quotidiane, che si danno per scontate e non si guardano più. E questi artisti non disdegnarono di realizzare stampi che permettessero la riproduzione seriale dei presepi, anche in dimensioni ridotte, così che si potesse dar finalmente seguito all’esortazione di Gaetano di Thiene, che avendo avuto Gesù Bambino in braccio dalla Vergine Maria mentre era in preghiera a Roma in Santa Maria Maggiore nella cappella del presepio, si fece propugnatore del “presepio in ogni casa”, non più solo nelle chiese, nelle confraternite, nei conventi. Ma per avere un presepio in ogni casa, bisognava poterselo permettere: le figure piccole di terracotta, poi di cartapesta, poterono essere largamente acquistate perché a buon prezzo, e fu così che davvero in ogni casa ci fu un presepio.  Che per sua natura, dovendolo fare e disfare ogni anno, è per così dire “labile”: le figurine si rompono, si perdono, i bambini ci giocano, le muovono come fossero personaggi di un teatrino domestico, e così i presepi cambiano. Ogni anno qualche figura si perde e qualche figura si aggiunge: e anche questo fa parte del presepio. Perché il presepio non è solo un prezioso insieme di figure, ma è un “gesto” religioso, famigliare, sociale, in cui l’attesa, la contemplazione, il radunarcisi intorno, e infine il disfarlo, sono parti integranti. Si può dire che ogni presepio rispecchia la comunità che lo allestisce, e la scena presepiale (se ci si pensa, appare davvero come la cristallizzazione di una scena teatrale) è un luogo non solo da guardare, ma da entrarci dentro, per partecipare. Perché davanti al Figlio di Dio che entra nella storia ci si meraviglia (e da qui la figura tradizionale della Meraviglia), poi si adora (ed ecco l’Adorazione) si portano doni (ed ecco l’Offerta), si prega (ed ecco la Devozione): sono tutti gli astanti, siamo noi, che entriamo nella scena, e ogni figura ha un nome e un ruolo. E ci sono anche le figure del rifiuto: Erode nel suo castello diroccato, il diavolo della taverna, e il Dormiglione, che non si sveglia non ostante l’annuncio degli angeli e i cori e i campanacci delle pecore portate dai pastori. Gli uomini che per primi risposero alla chiamata: il Card. Biffi amava sottolineare che i Magi, i saggi arrivarono poi, mentre gli uomini semplici, gli”scartati”, direbbe papa Francesco, andarono subito (i pastori erano uomini oggi diremmo border line, non potevano neppure testimoniare in tribunale, loro che condividevano la vita e probabilmente la puzza con le pecore e combattevano con i lupi… è legittimo pensare al Buon Pastore).

E poi chi c’è nel presepio, sempre? Una coppia rurale, il bue e l’asino: neppure ne parlano i Vangeli, ma ecco che il profeta Isaia apre con loro il suo libro: “Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele  non  conosce, il mio popolo non comprende” Isaia 1,2-3). Bue ed asino sono la cifra di tutta l’umanità di ogni tempo: il bue simbolo degli Ebrei di ogni tempo, che portavano il giogo della legge, e l’asino dei non Ebrei di ogni tempo, che non avevano avuto la rivelazione, e portavano “il peso dell’idolatria”. Se ci pensiamo: in essi, protesi sulla mangiatoia, per trovarvi cibo, tutti gli uomini di ogni tempo sono rappresentati.  Poi ci verranno i Magi, già presenti nell’asino a dire il vero, primizia delle genti. Quelli pronti a cogliere i segni del cielo e dei tempi.

 Dietro a tutte queste figure, che portano nelle case e nelle chiese l’eco e la presenza della Santa Notte, sono entrate nel presepio tutte le figure di lavori, attività, opere. Tutto il variegatissimo popolo dei presepi: in cui le comunità si rappresentano, e i singoli rispondono alla domanda, sempre personale: tu chi vuoi essere nel presepio?

Gioia Lanzi

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Nella foto di copertina, il presepe di Pietro Righi (1772-1839), scultore vissuto a Bologna. La sua opera era esposta nella chiesa di santa Caterina di Strada Maggiore.

Qui sopra, il Presepe 2020 nel Palazzo del Comune di Bologna, realizzato da Giovanni Buonfiglioli di Castel San Pietro Terme

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