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I dolori del giovane Verdi

N. 88- Aprile 2024

 

 

 

I dolori del giovane Verdi

Non mancarono le delusioni per il giovane Verdi, benché fosse già un ottimo pianista ed organista a 14 anni (nasce nel 1813 come Wagner). A 16, bandito un posto per organista nella Chiesa di Soragna, vicino a Roncole, tenta invano di procurarselo. Due anni dopo, Antonio Barezzi, che lo aveva preso a lavorare nel proprio negozio già nel 1825, gli propone di trasferirsi nella sua abitazione, per evitargli di percorrere svariate volte nell’arco della giornata, la strada fra Roncole e Busseto. Verdi nel contempo si era innamorato della figlia del suo benefattore, Margherita, e ciò aveva fatto sì che Barezzi, il quale riponeva una fiducia smisurata nelle sue doti musicali, si impegnasse ancora di più per aprirgli la strada che gli avrebbe permesso di sposare sua figlia e di mantenerla. Avendo ricevuto una risposta negativa dal Monte di Pietà ed Abbondanza, Carlo Verdi, il padre, che cercava di ottenere i sussidi essenziali per far studiare il figlio, si rivolse alla sovrana del ducato di Parma, Piacenza e Guastalla. Maria Teresa accettò la proposta, ma pose su di essa una condizione: che Giuseppe Verdi, avrebbe dovuto provvedere direttamente al proprio mantenimento e che, dopo, la somma le sarebbe stata rimborsata. Anche in questo caso, il Barezzi intervenne a sostenerlo.

Dopo 6 mesi, il 22 giugno 1832, Giuseppe, presenta domanda per accedere al Conservatorio, dietro il lascito a deposito di un certificato valevole un anno, che gli fece ottenere il passaporto nel quale veniva così descritto: “…. di statura alta con volto scarno e pallido. Fronte alta, naso aquilino, sopracciglia e barba scure, mento ovale con bocca piccola, capelli castani ed occhi grigi. Di anni 18, aveva come segno particolare, le cicatrici del vajolo”. Non essendo riuscito ad entrare al Conservatorio, trovò nel Primo violino della Scala, Alessandro Rolla, quel supporto che lo indusse a proseguire gli studi, essendosi dimostrato molto portato per la composizione. Nel 1834 ebbe la fortuna di fare la prima apparizione in pubblico, suonando al pianoforte la “Creazione” di Haydn. Nel 1835 gli fu offerta l’opportunità di dirigere “La Cenerentola” di Gioachino Rossini.

Nel libro “Racconto autobiografico a Giulio Ricordi”, Verdi (che non voleva parlare della propria vita privata), commise molti errori, tra i quali pareva, suo malgrado, si fosse dimenticato della data di morte dei figli. Altri testi ci aiutano a fare chiarezza su questo periodo della vita di Verdi, nel quale convogliò l’impegno a “mettere in musica”, il libretto del giornalista Antonio Piazza. Verdi è alla prima stesura di un’opera per il teatro Filarmonico di Milano, diretto da Pietro Massini, che lo lusingò dopo l’eccellente esecuzione della “Creazione” haydiana.

Quest’opera, dal titolo “Rochester”, fu sicuramente terminata, ma mai eseguita, perché anche a Parma il testo fu considerato scabroso e, poco conveniente; inoltre venne considerata “opera dall’esito incerto”, secondo alcuni studiosi. Secondo altri, non venne invece mai composta. Insomma si creò una grande confusione, alimentata dallo stesso Verdi, che pare abbia attinto dal libretto del Piazza, passato come titolo da “Rochester” a “Lord Hamilton”, per comporre la sua prima vera opera l’“Oberto Conte di San Bonifacio”, datata 1839. Il libretto fu poi rimaneggiato dal ferrarese Temistocle Solera, del quale parleremo un’altra volta.

Mirella Golinelli

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