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Anche le arti sono palliative

N. 88- Aprile 2024

 

 

 

Anche le arti sono palliative

Con lo scopo di diffondere la cultura delle cure palliative attraverso le arti è nata a Carpi (Modena) alcuni anni fa l’Associazione Zero K.
Delle cure palliative abbiamo sentito parlare tutti, soprattutto negli ultimi anni, ma spesso in contesti di incontri, riunioni, conferenze a carattere formativo o scientifico e difficilmente a carattere divulgativo per la popolazione.
Se cerchiamo di interrogare le persone per strada su “cosa sono le cure palliative?” in tanti rispondono che sono per “controllare il dolore” e qualcuno aggiunge “sono prestate al paziente quando la malattia non risponde più alle terapie”; altri confondono le cure palliative con l’accanimento terapeutico. Ne sanno di più le persone che in qualche modo sono state coinvolte ad assistere un parente o un familiare. La loro risposta è più dettagliata e precisa. Succede spesso così, impariamo le cose a nostre spese e ci troviamo impreparati ad affrontarle, a fare le scelte giuste ed adeguate ed ovviamente con delle conseguenze importanti per il nostro benessere psicofisico.
L’Associazione Zero K (https://associazionezerok.it/) venne fondata appunto con lo scopo di tendere a colmare l’aspetto divulgativo della cultura palliativista, usando le arti che con la loro lingua universale di suoni, immagini e colori possano veicolare più facilmente le informazioni, possano arrivare direttamente al cuore delle persone e far nascere delle riflessioni su questo tipo di cure che vedono coinvolti non solo il paziente ma anche la sua famiglia e la comunità in generale. Sono cure che preservano e migliorano la qualità della vita possibilmente fino alla fine e cure come un diritto per tutti.

Così l’Associazione Zero K  ha iniziato la sua attività “in punta di piedi”  attraverso la fotografia, il cinema, la musica, la scrittura, il teatro e altre espressioni artistiche per arrivare al cuore e alla mente delle persone.
L’Auditorium San Rocco a Carpi ho assistito all’evento conclusivo di un anno di lavoro, intitolato “Scelte”: la scrittura, la musica, la poesia hanno fatto da padrone per raccontare quanto bello ed utile si è riusciti a fare nel primo anno di attività e quanto altro ancora c’è da fare sul tema della comunicazione e condivisione della cultura di cure palliative.
La serietà ma anche la leggerezza con la quale i temi così importanti sono stati affrontati mi è sembrato molto lontano dai cliché delle conferenze ed incontri sia per l’impostazione che per il linguaggio usato e che va a favore dell’avvicinamento  delle persone alla cultura palliativista.

Albana Temali

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