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A marzo tornano gli Etruschi

N. 88- Aprile 2024

 

 

 

A marzo tornano gli Etruschi

Con il mese di marzo riapre al pubblico, fino a novembre, il Parco Archeologico Città del Tufo, un parco in provincia di Grosseto, nella Maremma Toscana, che comprende le necropoli etrusche e le Vie Cave del territorio di Sovana, Sorana, Pitigliano e Vitozza (san Quirico).

Non è famoso come le necropoli di Cerveteri e Tarquinia (patrimonio Unesco dal 2004), ma è ricco di vestigia e di monumenti dell’antica civiltà che qui ha prosperato da almeno mille anni prima dell’era cristiana e che storici, archeologi, ma anche genetisti, ritengono una popolazione autoctona dell’Italia pre-romana.

Pitigliano

Prima di scoprire necropoli e Vie Cave, il visitatore si trova immerso nella campagna lussureggiante della Maremma Toscana dove i centri abitati sono arroccati sui poggi, con mura e abitazioni in cui prevale il colore brunastro, in perfetta continuità con le abitazioni dell’antico popolo che qui ha costruito case e villaggi con il materiale che il territorio metteva più a disposizione, quel tufo frutto delle eruzioni di vulcani che oggi si sono trasformati in laghi, come il lago di Bolsena.

Via Cava Cavone

Se le profonde fenditure delle Vie Cave che attraversano campi e colline sono sempre state lì, usate fino a tempi moderni, le tombe nei secoli sono state fagocitate da alberi e arbusti. La riscoperta vera (prima erano solo oggetto di saccheggio da parte di tombaroli e cacciatori di tesori) è partita dall’inizio del secolo scorso. È così che è stata riportata alla luce, tra le altre, la tomba monumentale più importante del posto, la tomba Ildebranda, che ha preso il nome dal personaggio più famoso di questi luoghi, il monaco Ildebrando di Sovana che nel 1073 divenne papa con il nome di Gregorio VII e fu il protagonista della Lotta per le Investiture, alleandosi alla potente contessa Matilde e umiliando a Canossa Enrico IV, imperatore del Sacro Romano Impero.

Per il visitatore, l’ambiente del parco ha il classico fascino dei luoghi riscoperti dopo che la natura li aveva invasi e ricoperti di terra, prati e alberi. Le tombe e le ciclopiche Vie Cave (alcune profonde fino a venticinque metri) sono ricomparse inserite nell’ambiente circostante come se fossero parte della natura stessa.

Purtroppo a causa della friabilità del tufo i monumenti sono degradati e appaiono oggi come immagini sfocate, ma anche la loro indefinitezza fa parte della bellezza antica di questi manufatti. Sono il segno di un passaggio dell’uomo e di un popolo di cui oggi conosciamo poco, ma che ha lasciato tracce importanti della sua grandezza, della società e della cultura. Dove c’erano prati e boschi, con le necropoli sono riemerse vere opere d’arte. Le tombe che furono scavate e incise nel tufo hanno una loro selvaggia grandiosità che testimonia l’abilità di scultori e costruttori.

Tomba della Sirena

L’area monumentale del parco si trova nel territorio di Sovana, a nord del torrente Calesine, dove si accede alle necropoli con le tombe più note, classificate secondo il loro aspetto: a fronte colonnata (tomba Pola e tomba Ildebranda), quelle a edicola (del Tifone, dei Demoni Alati e della Sirena) e le tombe a dado, semidado e falsodado.

Tomba Ildebranda

La tomba Ildebranda, la più grandiosa, fu realizzata a forma di un vero e proprio tempio etrusco italico, con colonnato di 12 colonne interamente scavato nella roccia. Un tempo era decorata da stucchi policromi oggi scomparsi. Da due scalinate laterali si sale al grande podio, mentre un percorso che scende nel sottosuolo (dromos) porta nella camera sepolcrale. Da questo ambiente sotterraneo si accede alla camera di un’altra tomba posta al lato della Ildebranda, realizzata con soffitti a cassettoni, in stile greco, a riprova che gli Etruschi erano un popolo aperto agli scambi con altri popoli, anche d’oltremare.

Purtroppo resta il rimpianto dell’impossibilità di riconoscere fino in fondo la maestosità delle tombe, perché sono state depredate in tempi antichi, per cui non sono stati rinvenuti gli arredi e le decorazioni rimaste sono minime e degradate.

In tutto il territorio del parco è possibile accedere alle Vie Cave, percorsi stretti e suggestivi scavati dagli Etruschi per superare agevolmente il dislivello tra valloni e altipiani. Particolarmente suggestivi sono la via cava di San Sebastiano (con pareti alte più di 20 metri) e il Cavone, il più conosciuto di questi percorsi, una via che per la sua profondità ha richiesto un lavoro ciclopico. Si calcola che per realizzarla siano state asportate oltre 40 mila tonnellate di tufo.

La funzione delle Vie Cave non è ancora ben chiara (canali per convogliare le acque piovane? vie di comunicazione? passaggi strategici contro i nemici? sentieri cerimoniali?). L’ipotesi più accreditata è che fossero sentieri scavati per ridurre i dislivelli tra i pianori tufacei e le profonde valli, collegando centri abitati, campagne e necropoli.

Ancora oggi, chi ha buona gamba può percorrerle per spostarsi tra i vari territori, come ad esempio la via cava dell’Annunziata che collega Pitigliano a Sovana. Ma anche chi volesse semplicemente calarsi nell’atmosfera del luogo può percorrere parte del sentiero per assaporarne tutta la suggestione.

Giuseppe Di Paolo

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