Ferrara e il Rinascimento: non solo Firenze e Roma

Anche chi sia totalmente digiuno di arte e di Rinascimento, pensa istintivamente, non foss’altro per reminiscenze scolastiche, che il vertice della nostra arte e della pittura rinascimentale si debba fondamentalmente alla Toscana e a Firenze. Poi, certamente, anche a Roma, grazie a papi mecenati, ma sempre su influsso toscano (e Mediceo), complice la grandezza nel tempo di artisti come Giotto, Leonardo o Buonarroti e molti altri. Eppure, basterebbe aver visitato la sontuosa mostra sul Rinascimento in chiusura a Ferrara, nel restaurato e splendido Palazzo dei Diamanti, per sentirsi totalmente immersi in quell’epoca e al massimo livello, ma in piena pianura padana. Omnis Magazine ne ha parlato all’avvio dell’esposizione (nel numero 76 del 15 marzo scorso: https://www.omnismagazine.com/il-rinascimento-a-ferrara/ ).

La mostra ferrarese che ora chiude i battenti, incentrata su due artisti ferraresi di alto profilo – Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa, attivi anche a Bologna – è la prova provata e visiva, semmai ce ne fosse stato ancora bisogno, del superamento dell’unicità del “canone” toscano nella storia dell’arte italiana. Il merito di questo allargamento d’orizzonte, già nel corso del XX secolo, va certamente a Roberto Longhi, lo studioso che ha segnato in modo determinante la rilettura dell’arte pittorica italiana, citatissimo in questa mostra. E non poteva essere diversamente, visto che Vittorio Sgarbi, che si professa seguace di Longhi (come lo fu, per diversi aspetti Pier Paolo Pasolini), ne è uno dei curatori. Ovviamente, la “predominanza” di cui ha goduto nella storia l’arte toscana ha ragioni tutt’altro che banali. Oltre all’altezza di artisti preminenti, hanno giocato a favore le vicende politiche, il successo culturale e linguistico della Toscana, il prestigio dei Medici in Italia e nell’Europa, ma soprattutto il ruolo fondamentale esercitato dal toscano Giorgio Vasari, con le sue “Vite”, nel fissare la centralità fiorentina nella storia dell’arte. La chiave di lettura di Vasari, pur nel tempo corretta e precisata, è stata dominante fin quasi al XX secolo. Longhi, che ha anche un ruolo fondamentale nella riscoperta di Caravaggio e nella valorizzazione della pittura barocca, ha spalancato la ricerca e dimostrato la grandezza pittorica maturata anche in altre regioni italiane. Ferrara in testa, con una forte osmosi con Bologna, che reclutava artisti da Ferrara, soprattutto per iniziativa dei Bentivoglio, la famiglia impegnata per decenni nella spasmodica ma poi fallita ricerca di imporsi come signoria nella città turrita.

Il percorso dentro Palazzo Diamanti, oltre a immergerci in questo splendido rinascimento ferrarese e bolognese (basterebbe la stanza coi ritratti dei Bentivoglio, a stupirci), ha anche il merito di rammentarci quanto di grande è andato perduto – a volte per mera insipienza umana – di questa straordinaria stagione pittorica.

Lorenzo Costa, Ritratto di cardinale, 1518-20, Minneapolis Institute of Arts
Ad esempio la celebrata Cappella Garganelli, nella cattedrale San Pietro di Bologna, opera di de’ Roberti e di Francesco del Cossa (altro ferrarese), di fatto distrutta per incompetenza umana. Di questa Cappella, che avrebbe ulteriormente confermato la narrazione che oggi conosciamo di questo rinascimento pittorico padano e dell’influenza che ha esercitato, resta solo un minuscolo frammento, una Maddalena Piangente. Triste reminiscenza, non solo per Bologna, ma non sufficiente a toglierci il gusto e il piacere di aver partecipato a uno splendido percorso pittorico.
Gianni Varani
In copertina: Ercole de’ Roberti, Porzia e Bruto, 1490-93, Forth Worth, Kimbell Art Museum (particolare)