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Viviamo tra gli alieni. E non è fantascienza

N. 99- Aprile 2025

 

 

 

Viviamo tra gli alieni. E non è fantascienza

Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante tu ne possa sognare con la tua filosofia, garantiva l’Amleto di Shakespeare. Una conferma viene dagli scienziati che studiano la biologia sulla terra: ogni anno si scoprono alcune migliaia di specie nuove (quelle catalogate finora sono circa due milioni) a riprova dell’enorme ricchezza della biodiversità.

Nonostante i progressi scientifici non si conoscono ancora l’86% delle specie terrestri e il 91% di quelle marine. Lo ha affermato Stefano Mazzotti, Direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara, intervenendo al convegno “La crisi della biodiversità e le minacce delle specie aliene”, promosso a Bologna dall’Accademia nazionale di Agricoltura e dalla Rubiconia Accademia dei Filopatridi. Sapere quante sono le specie con cui condividiamo il mondo – ha continuato – ci permette di conoscere anche quanti organismi oggi si stiano estinguendo e cosa questa continua erosione di biodiversità produrrà sugli ecosistemi e sull’umanità.

Il “cubiculum artistarum” è la sede pubblica dell’Accademia Nazionale di Agricoltura. Il presidente, prof Giorgio Cantelli Forti, ha aperto i lavori assieme al presidente della Rubiconia Accademia dei Filopatridi, dottor Edoardo Turci

Intanto però, l’attenzione di tutti è puntata sulle specie che sono arrivate in Italia da altri territori: le cosiddette specie aliene.  L’Italia è al primo posto in Europa con la presenza di 3.659 specie aliene delle quali il 15,2%, ovvero 558, causano impatti su ambiente, economia e attività umane. Sono arrivate per vari motivi: per ornamento (come il Carassio dorato o il gambero della Lousiana, che poi si è mangiato tutti i gamberi nostrani e crea problemi bucando gli argini); per la pesca sportiva (la Trota iridea, il Salmerino di fonte, il Siluro); per controllare zanzare e vegetazione acquatica (la carpa erbivora); o per allevamento (Trota fario, Pesce gatto nero).

Ci sono anche “importazioni” accidentali e terribilmente dannose, come la zanzara tigre, la cimice asiatica o la formica di fuoco, recentemente individuata in Sicilia. Essa è dotata di un pungiglione velenoso, che infligge punture molto dolorose, paragonabili a un fiammifero acceso conficcato sotto la pelle.

E poi c’è lui, il granchio blu, l’indesiderato killer di tutti gli allevamenti di vongole.

Goro, nel ferrarese, è (dovremmo dire “era”) la sede del 40% della produzione europea di vongole. Il granchio blu ci mette meno di tre minuti a rompere un guscio e a papparsi il mollusco. Giornalmente, può mangiare da 1 a 2 kg di molluschi. Nel Delta del Po il danno medio, stando ai prezzi attuali, è di circa 80 mila euro per ettaro al giorno. Tremila famiglie sono rimaste senza lavoro. Un altro danno pesante per gli allevatori è costituito dall’elevato potenziale riproduttivo: una femmina può deporre circa 1 milione di uova ogni 100 grammi del proprio peso. Il disastro è contemporaneamente ecologico, economico e sociale.

Come la vespa samurai (Trissolcus japonicus) sta funzionando nella lotta biologica alla cimice asiatica, così la ricerca sta puntando a trovare l’idoneo antagonista del granchio blu.

Ad oggi sono in corso due progetti di ricerca dedicati alla “lotta biologica” al granchio blu: l’anguilla europea e il polpo– ha spiegato il Prof. Oliviero Mordenti, del Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie Università di Bologna – sono divoratori di uova di granchio blu, ma bisogna agevolarne la reintroduzione in natura. L’anguilla europea è estinta per il 90% e si sta cercando di riportarla in auge, mentre da studi di laboratorio si è visto che il polpo femmina, se nutrito a crostacei, raddoppia la sua capacità riproduttiva di migliaia di esemplari. L’intenzione, mediante l’aiuto della Regione Emilia-Romagna, è quella di liberare queste specie in aree adatte, per contrastare il granchio blu. Non sono soluzioni definitive, ma certo aiuterebbero l’equilibrio naturale marino, e si potrebbe esportarle anche a livello nazionale, soprattutto con il polpo, in Puglia o Sicilia che sono zone molto adatte.

Lisa Bellocchi

In alto: foto di Ryan Hodnett

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