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“Vini” di erbe contro l’etilometro

N. 98- Marzo 2025

 

 

 

“Vini” di erbe contro l’etilometro

Se c’è qualcosa che emerge nel settore beverage 2025 in Italia è che si prospetta un anno di incertezza e attesa, almeno per ora.

Il panorama sembra seguire un filo conduttore chiaro: il consumatore cerca leggerezza ed è sempre più attento alla qualità, alla sostenibilità e alla tipicità dei prodotti.

La sostenibilità rappresenta un filo rosso, che attraversa tutto il comparto spirits. L’adozione di pratiche “carbon free”, il ricorso a materiali alternativi come i formati bag-in-box e iniziative di riforestazione sono sempre più comuni.

Non sappiamo con certezza quanto abbia contribuito il nuovo codice della strada (G.U. n. 280 del 29/11/2024 LEGGE 25 novembre 2024, n. 177 “Interventi in materia di sicurezza stradale e delega al Governo per la revisione del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285) e soprattutto la cattiva informazione che l’ha accompagnato. Certo è (come affermano gli esercenti della FIPE – Federazione Italiana Pubblici Esercizi) che proprio sotto i giorni Capodanno il consumo del vino fuori casa è diminuito del 10% sul totale.

Al ristorante e al bar i consumatori, per paura di violare la legge prima di rimettersi alla guida e soprattutto per timore di incorrere in sanzioni onerose, hanno preferito non bere vino.

Il vino nel nostro Paese ha una cultura millenaria ed è di qualità sempre più avanzata e certificata, non solo l’export del vino, sia bianco che rosso e soprattutto le bollicine, trainano tutto il settore dell’agroalimentare con cifre che fino ad oggi non temono crisi. Fino ad oggi.

Sì, perché i dazi statunitensi al vino italiano determineranno nel 2025 una perdita delle vendite che si stima intorno a 300 milioni di euro. È quanto emerge dalle analisi dell’Osservatorio UIV, Unione Italiana Vino, nell’ipotesi piuttosto realista che i dazi saranno intorno al 20% per tutti i vini fermi e al 10% per gli spumanti. Dunque, una perdita stimata del 15% rispetto lo scorso anno.

Il mercato del vino negli USA registra già delle contrazioni. Se prima la bilancia commerciale con gli Stati Uniti voleva dire per l’Italia un saldo positivo di 41,9 miliardi di euro (fonte Eurostat dati 2023), ora nelle cantine c’è molta preoccupazione.

In realtà il nuovo Codice della strada non cambia i limiti alcolemici, inasprisce le regole per recidivi e i conducenti professionali.

Un allarme inutile causato dalla disinformazione. Qualcuno ipotizza e consiglia la presenza di un etilometro nei ristoranti per avere la verifica della presenza di alcol nel sangue superiore al limite consentito dalla legge. Facile a dirsi.

In realtà alla presenza di alcol nel sangue concorrono più fattori, quali il peso corporeo, il genere, quanto si è mangiato… Per porre un freno alle disdette ed incentivare il consumo fuori le mura domestiche riteniamo che l’uso dell’etilometro sia un palliativo non sufficiente. Dicasi lo stesso per la wine bag che può permettere di portare a casa il vino non consumato pasteggiando.

Così è un fiorire di alternative di prodotti che non contengono alcol. Succhi o prodotti fermentati, birre… a cui vengono aggiunti componenti per conferire sapore o gassificare, come zucchero o dolcificanti, spezie, caffeina, teina, aromi artificiali, coloranti, anidride carbonica, sali minerali, vitamine, bevande energetiche, bio ed ecologiche. Si apre un nuovo segmento di consumo.

Differenti le alternative salutari, che stanno diventando sempre più rilevanti sul mercato. Un esempio è il “kombucha”, una bevanda di grande rilevanza in Asia per i suoi benefici, ma arrivata solo di recente in Europa. Questa bibita fermentata fornisce probiotici benefici per il sistema digestivo. Inoltre, è naturale al 100%, ha poche calorie e gli zuccheri che contiene in genere sono quelli naturalmente presenti.

Alcune aziende presenti da tempo sul mercato conoscono oggi un vero e proprio impulso. E proprio nel campo della fermentazione.

È il caso della start up nata dall’idea di Maddalena Zanoni founder di “Feral Drinks”. L’idea ha qualche anno, ma le 50mila bottiglie prodotte inondano il mercato da un anno e mezzo circa.

È vero, nell’Europa del Nord la sensibilità verso il bere non alcolico era già sentita, specie dalla “generazione Z”, sempre più attenta ai consumi e alla sostenibilità.

Maddalena ha visto oltre. Dopo aver lavorato per cinque anni in Belgio in un’azienda molto grande è poi tornata nelle Dolomiti italiane con la voglia di produrre una bevanda che ha radici nel territorio e dare il via ad una nuova start up.

Più di altri lei voleva fermentare e utilizzare essenze povere, ingredienti dimenticati, wild e feral – selvagge e umili come pepe garofanato, ginepro, alloro…come recitano le bottiglie dal packaging accattivante e curato.

Le bottiglie di vetro, nate da sapienti menti e mani attente, pur non contenendo alcol, non hanno niente da invidiare a famosi vini come il Rodengo che circondano il territorio ai piedi dei monti tra Trento e Bolzano dove sorge Feral Drinks.

Dietro c’è un sapere nient’affatto scontato né banale. Le spezie usate sono certificate “bio”, la start up è giovane, età media 33 anni e con pochi addetti. Se Maddalena è la mente, Silvia si occupa di comunicazione, marketing e di vendita nazionale, Maite è la director, Beatrice cura le vendite estere, a Sebastiano compete la ricerca di nuove ricette e lo sviluppo di prodotti, Andrea è responsabile di produzione, Davide e Franco si occupano di produttività, Giorgia del controllo qualità della produzione.

Nessuno di loro disprezza il vino, al contrario alcuni sono sommelier e c’è uno scambio di saperi che non ha uguali.

“La strada è ancora lunga – ci racconta Silvia – quasi sicuramente c’è spazio per entrambi i prodotti, il vino e i nostri fermentati. “

Il mercato? Il fatturato è in crescita e il Nord Europa abbraccia i nuovi fermentati Feral. Germania, Olanda, Belgio, Svizzera ed Austria non solo sono vicine, soprattutto apprezzano.  

Luana Spernanzoni

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