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Viaggio fra le lucerne: schedata tutta la Collezione Chierici

N. 88- Aprile 2024

 

 

 

Viaggio fra le lucerne: schedata tutta la Collezione Chierici

Ricorreva, nel 2019, il bicentenario della nascita dell’illustre archeologo e paletnologo reggiano don Gaetano Chierici (1819 – 1886).

Profondo è il legame della Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie Modenesi con don Chierici, che ne fu uno dei primi soci effettivi e uno degli otto fondatori della Sottosezione di Reggio nell’Emilia nel maggio 1861; inoltre, su nomina dei colleghi Deputati, fu il primo Direttore del “patrio museo d’antichità”, istituito dalla Deputazione stessa nel giugno 1862.

In questa ottica la Deputazione Reggiana ha voluto rimarcare il recupero del proprio ruolo di promotrice di ricerche archeologiche, come era stato soprattutto all’inizio della sua storia, e contemporaneamente di promozione di contributi di alto valore scientifico.

La Deputazione Reggiana, nell’ambito della collaborazione instauratasi con i Musei Civici, che ha autorizzato lo studio e l’uso delle immagini, ha voluto promuovere ed editare nella propria collana “Fonti e Studi” la puntuale ricerca condotta da Carla Corti, ora al Landesamt für Denkmalpflege del Baden-Württemberg, e Simona Capellini del Museo Archeologico dell’Alto Mantovano di Cavriana (MN), dedicata alle lucerne del Museo Chierici. Si tratta di ben 198 esemplari, di cui solo 10 editi, databili fra il V sec. a.C. e il VII d.C. La raccolta, che si è formata principalmente attraverso scavi condotti e diretti dallo stesso Chierici a cui si aggiunsero donazioni, riunisce materiali provenienti sia da Reggio Emilia, il nucleo principale della raccolta, che da varie località soprattutto italiane, ma non solo. Nel loro insieme esse costituiscono veramente un “unicum” che la Sezione Reggiana ha inteso valorizzare e divulgare, sottolinea il presidente Giuseppe Adriano Rossi.

Simona Capellini e Carla Corti, entrambe archeologhe con vasta esperienza nello studio della cultura materiale, cui hanno dedicato numerose pubblicazioni tra articoli e monografie, si sono dedicate non solo all´analisi puntuale dei singoli oggetti, ma hanno altresì “scavato” negli archivi, per poterne ricavare ogni possibile informazione su circostanze delle scoperte e provenienze dei manufatti.

Emerge infatti da questo studio – come sottolinea nella sua premessa Roberto Macellari, già conservatore delle collezioni archeologiche dei Musei Civici e socio corrispondente della Deputazione reggiana –, una volta di più e in maniera particolarmente efficace, il quadro delle relazioni intrattenute da Chierici con allievi, amici e collaboratori, non di rado personalità di spicco nella Reggio della seconda metà del XIX secolo, si direbbe la nuova classe dirigente della città nel periodo postunitario, sottolinea.

Lucerna con rappresentazione della Vittoria alata, II sec d.C.

Un altro importante aspetto della ricerca è ricordato da Alfredo Buonopane, docente di Storia Romana ed Epigrafia presso l’Università degli studi di Verona, nella sua introduzione al volume. Egli qui ci rammenta che “lo studio dell’instrumentum inscriptum, ovvero degli oggetti di uso quotidiano caratterizzati dalla presenza di un’iscrizione”, tra cui numerose delle nostre lucerne, “è fondamentale per la conoscenza della vita economica e sociale del mondo romano e che queste ricerche possono essere affrontate compiutamente solo se di questi documenti esistono rigorose pubblicazioni, che li rendano accessibili alla comunità scientifica”.

Lo studio delle lucerne della raccolta del Museo G. Chierici di Paletnologia, per metterne in evidenza caratteristiche e peculiarità, si è di fatto svolto tra la ricostruzione dei contesti, da una parte, e l’analisi morfologico-funzionale e iconografica dei singoli pezzi, corredata dal relativo catalogo, dall´altra. Esso ha inoltre fornito l’occasione per affrontare, per la prima volta, un’analisi degli aspetti museografici della raccolta di età classica di quello che è stato uno dei più innovativi musei archeologici della seconda metà dell’Ottocento.

Nello specifico, il volume – 250 pagine – è articolato in tre parti. Nella prima parte, dedicata alla formazione della raccolta e al riesame della documentazione d’archivio, vengono affrontati gli aspetti museografici e la ricostruzione, ove possibile, delle provenienze delle lucerne e dei contesti.

Lucerna di produzione africana da Agrigento con chrismón, il monogramma del nome di Cristo formato dalle lettere greche X (Chi) e P (Rho), raffigurato nel disco, fine V-inizio VI sec. d.C

Nella seconda parte del libro è affrontata invece l’analisi delle lucerne. Essa si compone di una parte introduttiva dedicata alle varie tipologie di lucerne attestate che intende offrire un quadro completo e aggiornato delle problematiche legate ai vari tipi di lucerne (relative alla forma, alle officine che le hanno prodotte, alla provenienza e alla datazione), con l’intenzione di far progredire questo ambito di studi, e di vari approfondimenti su aspetti relativi legati all’iconografia e iconologia: dalle raffigurazioni apotropaiche e pagane ai simboli cristiani, a scene legate alla vita di ogni giorno, al mondo animale e vegetale, al mito. Una sezione è poi dedicata ai marchi di fabbrica presenti principalmente sul fondo piano a rilievo o graffiti, ad indicare l’officina produttrice.

La terza parte del volume comprende il catalogo delle lucerne con foto in bianco e nero dei singoli pezzi. E´ stata qui mantenuta la suddivisione in sezioni, così come riordinate da Gaetano Chierici (Cispadana; Transpadana; Puglia; Isole del Mediterraneo; Etruria litorale, Lazio e Picentino; Svizzera, Francia, Belgio e Danimarca), in modo da poter rappresentare anche una sorta di piccola guida alla lettura dell´allestimento e dei criteri museografici che hanno guidato il suo fondatore.

Una cospicua ed esauriente bibliografia chiude infine il volume, edito con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Reggio Emilia Pietro Manodori e stampato dalla Nuova Futurgraf.

La raccolta di lucerne conservata all’interno del Museo Gaetano Chierici di Paletnologia riflette l’approccio particolare del fondatore alla costruzione dell’intera collezione, sottolinea Giada Pellegrini, curatrice delle collezioni archeologiche dei Musei Civici.

L’obiettivo dichiarato fu infatti quello di “servire ai nuovi studi, offrendo ampio spazio a oggetti della cultura materiale, nella consapevolezza che ogni cosa dove l’uomo ha lasciato un segno della sua esistenza, è una parola vivente ch’egli manda alla posterità”. Chierici pose, infatti, al centro la collezione reggiana in dialogo con oggetti di altri luoghi, nei corridoi laterali. L’intenzione era di offrire una visione panoramica, creando un campionario delle culture materiali che si avvicendarono nelle diverse parti d’Italia, nel rispetto di un disegno politico di unificazione nazionale. La composizione stessa della cospicua raccolta, circa 200 le lucerne censite, ben si confà al progetto complessivo, comprendendo esemplari dal territorio reggiano e da altre regioni d’Italia e, occasionalmente, dall’estero, a coinvolgere tutte le sezioni dell’impianto espositivo voluto da Chierici.

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