Tra le aquile della Gola del Furlo
Ci sono luoghi dove gli incontri sono preziosi, luoghi incantevoli e di rara bellezza che svelano persone appassionate e generose come poche.
Prima di raccontare quest’incontro singolare parliamo del luogo, la Riserva Naturale Statale della Gola del Furlo.
Il verde domina e riempie gli occhi.
Qui il fiume creato dalla forza erosiva del Candigliano, affluente del Metauro, è dal 1922 una diga che ha ridotto di molto la furia dell’impetuoso corso d’acqua, ora placido lago.
La Gola del Furlo si trova in provincia di Pesaro-Urbino nel territorio dei comuni di Fermignano, Fossombrone, Cagli e Acqualagna. Dal 2001 è “Riserva Naturale Statale”, beneficia quindi di tutele particolari, se ne riconosce il valore ambientale e naturalistico come il progetto del GAL Montefeltro “Piano prodotti dell’area GAL e realizzazione di un prodotto pilota”, finanziato dalla Regione Marche.
Qual è il “prodotto” scelto? È l’Aquila Reale! Può sembrare singolare, ma è lei che domina il territorio, è lei che regna sovrana e volteggia incontrastata. Capace dunque di attrarre interesse turistico. Ed è verissimo, ce ne accorgiamo quando dei giovani curiosi vengono presto attratti dal volo delle aquile e dalla attrezzatura di avvistamento.

Sì, perché qui le aquile nidificano da sempre, sono le signore del luogo e volteggiano maestose; delle circa 600-700 coppie in tutta Italia qui trovano un habitat confacente e un territorio esteso.
Ma quante aquile vivono nella Gola del Furlo? “Sono quattro coppie nella provincia di Pesaro Urbino: una coppia sul monte Petrano, una al Furlo, una sul monte Catria e una sul monte Nerone. I genitori, ad eccezione della coppia che vive sul Catria che non ha portato a termine la nidificazione, hanno avuto un piccolo” ci riferisce Maurizio Saltarelli appassionato ornitologo che incontriamo presso la sede-museo della Riserva.

Luogo di divulgazione e scienza, la Riserva risulta molto utile didatticamente e per avere informazioni sull’ambiente naturale del territorio. Ce ne accorgiamo ascoltando le parole di Saltarelli: “il monitoraggio delle aquile è importante perché servono dati, informazioni sulla variabilità, sulle eccezioni che pur si verificano, su eventuali perdite di esemplari…” prosegue Saltarelli, “un progetto che oggi ha dati scientifici e informazioni”.
Gli occhi brillano quando racconta delle aquile, dei piccoli nati da poco e quindi non ancora capaci di “lasciare il nido”, ovvero di affrontare il territorio. Sta nascendo un nuovo turismo. Dove l’aquila è protagonista, un prodotto,ma anche richiamo di un turismo consapevole, attento, rispettoso.
Ce ne accorgiamo quando nel cercare il nido dell’aquila reale, gli avventori rimangono sorpresi dall’attrezzatura di avvistamento di Saltarelli. Maurizio racconta le sue esperienze, di lupi, di caprioli che nuotano nel Candigliano. Incanta, sorprende.
Gli studi di Saltarelli? “L’Alberghiero!” risponde, e ride.
Ma allora tanta generosa passione per i rapaci? Forse il nonno, che lo portava alla Gola del Furlo, gli trasmise la passione per quel luogo così verde e magico. Nato poco lontano da qui a Fermignano (PS), fin da bambino rimane affascinato dalle pareti a strapiombo, dalla bellezza della natura. La sua formazione non è ornitologica e non dimentica che faceva un’altra vita nel ristorante di famiglia.

Ora fa parte dei “Birders”, l’associazione no profit che opera nella Riserva Statale della Gola del Furlo e svolge la sua attività gratuitamente; migliaia di ore di appostamenti gli consentono di realizzare video e fare foto preziose che immortalano animali rari.
Scrive di lui Francesco Pedretti giornalista di Geo&Geo, ma soprattutto grande esperto di ornitologia, professore di biologia della conservazione dell’Università di Perugia: “le aquile reali lo hanno scelto per allevare i propri aquilotti e Maurizio Saltarelli lo ha scelto per vivere la sua vita parallela, lontano dagli uomini, ma vicino alle aquile, ai falchi pellegrini, ai passeri solitari, ai fiori delle orchidee, ai faggi, ai cespugli di scotano rosseggianti in autunno, alle acque turbinose del torrente nel fondovalle.(…) Maurizio Saltarelli, che conosco da più di venti anni, è un uomo-aquila che è entrato in sintonia con la vita dei più magnifici rappresentanti del mondo alato. (…).”
Ecco forse Maurizio è questo, un uomo aquila generoso.

Riprendiamo il cammino verso Serra Sant’Abbondio. All’improvviso dietro una curva ci appare il Monastero di Fonte Avellana, un luogo affascinante intriso di arte e storia.
Dalla sua grandezza e maestosità capiamo che il Monastero un tempo era luogo molto abitato e frequentato nel cuore incontaminato e selvaggio del massiccio del monte Catria a 700 metri sul livello del mare. La Monte Catria è la più alta cima della Provincia di Pesaro e Urbino. Le origini del Monastero si collocano alla fine del X secolo, intorno al 980, quando San Romualdo e alcuni eremiti scelsero di costruire le prime celle di un eremo che nel corso dei secoli diventerà l’attuale Monastero.
La tradizione molto antica vuole che anche Dante Alighieri sia stato ospite di questo monastero, tanto che c’è una stanza che i cultori ancora annoverano come “la sua, del Sommo Poeta”. Non è certissimo, ma si narra che Dante nel 1318 era ospite di Bosone di Gubbio e in quell’anno sarebbe venuto a Fonte Avellana.
Qui al Monastero l’atmosfera è intrisa di misticismo. Sebbene non sia abitato come un tempo, anzi sono pochissimi i residenti, si respira un’atmosfera particolare, silenziosa, di fede.

Anche qui c’è un GAL “illuminato”; il Gruppo di Azione Locale “Flaminia Cesano” sta sviluppando un modello di turismo innovativo per far conoscere e potenziare il Monastero. È il recupero della Sala del Capitolo di Santa Croce di Fonte Avellana. Il progetto ha una modernità inconsueta per il luogo: vede applicato il video mapping di Luca Petruzzelli a riempire le parti mancanti degli affreschi. Nasce un racconto contemporaneo e attuale che incanta e lega storia, arte, spiritualità e natura.
Ma da Fonte Avellana partono anche diversi sentieri escursionistici, come il sentiero delle “Stelle amiche” un vero e proprio invito alla scoperta di un territorio in cui storia, arte, natura si intrecciano in maniera indissolubile, lungo 14 km da percorrere a piedi che collegano il Monastero a Frontone.

Il territorio attraversato dal Sentiero delle tre pietre parte anch’esso dal Monastero di Fonte Avellana. Il territorio di Serra Sant’Abbondio e dell’Alta Val Cesano è caratterizzato da tre tipi di roccia: calcare massiccio, scaglia rossa e pietra arenaria.
Non è dunque per caso che il Monastero di Fonte Avellana, bianco e lucente nelle giornate di sole, è costruito di calcare massiccio del monte Catria. Dopo secoli accoglie ancora fedeli e turisti rispettosi e attenti.
Luana Spernanzoni
La foto di copertina e le altre delle aquile di questo articolo sono di Maurizio Saltarelli
