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“Scrivere” le icone per parlare con l’anima

N. 88- Aprile 2024

 

 

 

“Scrivere” le icone per parlare con l’anima

Un talento artistico emerso in giovane età e mai coltivato; un cammino nella fede che rivela nel corso del tempo una particolare tensione all’annuncio del fatto cristiano; l’incontro con un Maestro. Una misteriosa sintesi di questi fattori ha determinato Stefano Matteucci ad intraprendere il cammino nel mondo dell’iconografia sacra, grazie all’incontro con Suor Maddalena Malaguti, monaca eremita iconografa, fedele interprete della tradizione dei grandi maestri russi del periodo aureo.

Madonna delle Lacrime – Basilica di San Venanzio, Fabriano

Icona, dal greco eicòn (immagine), è termine tecnico utilizzato per indicare immagini sacre, prevalentemente di origine bizantina, dipinte su tavola seguendo canoni pittorici e colori simbolici in continuità con il valore dei “segni” del mistero cristiano.

“L’iconografia cristiana trascrive attraverso l’immagine il messaggio evangelico che la Sacra Scrittura trasmette attraverso la Parola. Immagine e Parola si illuminano a vicenda. Tutti i segni della celebrazione liturgica sono riferiti a Cristo e lo sono anche le sacre immagini della Santa Madre di Dio e dei Santi, poiché significano Cristo che in loro è glorificato. 
La bellezza e il colore delle immagini sono uno stimolo per la mia preghiera. È una festa per i miei occhi, così come lo spettacolo della campagna sprona il mio cuore a rendere gloria a Dio”. Così scriveva nell’VIII secolo San Giovanni Damasceno, che sarà annoverato tra i Dottori della Chiesa.

“La contemplazione delle sante icone, unita alla meditazione della Parola di Dio e al canto degli inni liturgici, entra nell’armonia dei segni della celebrazione in modo che il mistero celebrato si imprima nella memoria del cuore e si esprima poi nella novità di vita dei fedeli” ribadirà, a 1200 anni di distanza, il Catechismo della Chiesa Cattolica ai numeri 1160 1162, 1992.

“Ultima Cena” dello Scriptorium perugino di Giovanni Raffa e Laura Renzi

L’iconografia (letteralmente intesa come “scrittura di icone”) è sublime forma d’arte, ma al tempo stesso pratica ascetica, contemplazione, preghiera che si compie impiegando le proprie mani e la propria arte, come strumenti del manifestarsi di una Presenza, nella fedele osservanza del canone iconografico, delle tecniche e dei modelli che sono stati tramandati nei secoli.

Con questa forza culturale e spirituale, Stefano Matteucci ha avviato Sacra Icona, una singolare attività di laboratorio iconografico che ha prodotto, nel giro di un paio di anni, una trentina di opere di pregevole fattura su importanti modelli di tradizione orientale e occidentale.

“Quando ho seguito il mio primo corso di iconografia, nell’autunno 2019- spiega Matteucci – mi sono reso conto che il mio rapporto con questa disciplina era duplice: da un lato faceva riemergere una tensione artistica che da ragazzo avevo abbandonato e dall’altro mi provocava ad andare al di là di essa. Le icone che ho cominciato a scrivere non solleticavano il mio senso visivo ed estetico ma entravano in dialogo diretto con la mia anima, con quella parte più intima e nascosta di me. Per questo motivo ho cominciato a seguire un Maestro e mi sono messo in cammino”.

Le icone non rappresentano la bellezza della realtà materialmente intesa: belle figure, bei volti, bei paesaggi, non entrano in dialogo con i nostri sensi, né ricercano un verismo dell’immagine in esse rappresentata. “Le icone parlano all’anima delle persone – prosegue l’iconografo bolognese – rivolgendosi direttamente ad essa e si collocano al di fuori del tempo e dello spazio. L’iconografia è una forma d’arte pittorica che nel corso dei secoli a poco a poco abbiamo sempre più trascurato, perdendo sempre più la coscienza dell’aspetto trascendente della realtà che è stata ridotta a ciò che è meramente visibile, tangibile ed umano. Nell’iconografia la forma e la proporzione delle figure assumono un significato teologico, catechetico e di ricerca di un rapporto con Dio”.

Il canone iconografico è un insieme di regole codificate che impongono una semplificazione della realtà corporale per cogliere e mettere in rilievo l’aspetto trascendente delle figure e la luce divina che dall’interno esplode incontenibile verso l’esterno, nell’oro e nei tratti quasi bianchi degli incarnati.

“Per questi motivi il canone iconografico non è cambiato nel corso del tempo, o quasi, e continueremo a vedere il Bambino Gesù sovente rappresentato con le fattezze di una persona adulta”. Stefano Matteucci non ha dubbi sulla sua scelta: “Le icone sono compagne di strada per chi cerca Dio, sono un invito alla preghiera, a fare silenzio per un istante e a rivolgersi con il cuore e la mente al Creatore. Le icone ci parlano di un mondo che non vediamo con gli occhi ma che possiamo solo intuire. Il Mistero che si nasconde in esse provoca la nostra intelligenza a cercarlo”.

Per saperne di più: Sacra Icona https://www.facebook.com/101877931446476

Emilio Domenici

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