Lo sguardo dell’uomo davanti ai disastri
Quale filo collega due statuette egiziane, datate oltre mille anni prima di Cristo, la stele funeraria romana di Publeia Tertia, sacerdotessa della dea Iside, un dipinto di Massimo D’Azeglio, più noto come scrittore e ministro di Casa Savoia, e un olio della pittrice statunitense contemporanea Joan Banach? Al centro di ciascuna opera ci sono morte e catastrofi.
S’intitola “Attraverso i diluvi” la mostra in corso alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia, che propone in dialogo opere di tempi estremamente diversi come – spiegano i promotori – “sguardo asincrono sulle catastrofi dell’uomo e del mondo, evocando corrispondenze tra immagini appartenenti a epoche distanti tra loro, ma anche rivelando i mutamenti di sensibilità e di percezione dell’esperienza del disastro nel tempo”.
La rassegna sarà accompagnata da una pubblicazione con contributi dello storico della letteratura Andrea Cortellessa, del filosofo Federico Ferrari e dello storico dell’arte Riccardo Venturi. Ma già ora è interessante il punto di vista di chi ha scelto ed unito la cinquantina di opere presenti in mostra, molto diverse fra loro non soltanto per ragioni temporali.
Diluvi, naufragi, inondazioni, esplosioni, uragani, incendi, guerre, epidemie, azioni violente e predatorie dell’uomo sulla natura sono i temi che Collezione Maramotti sottopone al visitatore, chiedendogli di riflettere su come l’affacciarsi su questi costanti drammi gliene modifichi la percezione. Ulteriore elemento disturbante è che il sistema mediatico contemporaneo, che squaderna drammi in maniera ripetitiva, finisce con l’anestetizzare lo spettatore.
La narrazione del diluvio universale (magnificamente fissato nel maestoso dipinto di Filippo Palizzi e nell’ironico olio “spoiler alert” di Andy Cross) ha sfidato e sfida i millenni. Quanto permane, nell’uomo del XXI secolo, la memoria delle recenti alluvioni dell’Emilia-Romagna o dei drammatici terremoti del centro Italia? La risposta, affidata agli sguardi sconsolati di Jules de Balincourt, Anna Conway o Ariel Cabrera Montejo, sembra chiudere la porta ad ogni speranza. Nel futuro, sembrano dire gli artisti, solo sguardi ciechi e banalità di pensiero. E la coazione a ripetere.
Lisa Bellocchi
Nell’immagine in apertura: Filippo Palizzi Oltre il Diluvio 1864 olio su tela 185 x 266 cm Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte Courtesy MiC – Museo e Real Bosco di Capodimonte. Ph. Luciano Romano