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Lo ri-ri-lavi, lo ri-ri-stiri e lo ri-ri-poni …e fai la cosa giusta!

N. 88- Aprile 2024

 

 

 

Lo ri-ri-lavi, lo ri-ri-stiri e lo ri-ri-poni …e fai la cosa giusta!

L’economia della società occidentale è fondata su modelli di tipo lineare in cui dalle materie prime vengono prodotti dei manufatti, che hanno una loro vita e quando hanno esaurito la loro funzione, diventano rifiuti e vengono buttati.

Questo modello presuppone che ci siano risorse inesauribili e che esistano luoghi sufficientemente grandi e sicuri dove poter mettere i rifiuti “in eterno”. Per tanto tempo abbiamo vissuto, e spesso lo facciamo ancora, nell’illusione dell’infinitezza della soddisfazione delle nostre richieste, la grande disponibilità di prodotti e materie prime nel mondo occidentale, accompagnata dell’aspetto più consumistico della globalizzazione, ha contribuito al permanere di questa illusione.

Dalla rivoluzione industriale in poi abbiamo vissuto senza mettere minimamente in dubbio che non ci fossero alternative, fino a quando le quantità di rifiuti non sono diventate tali e tante da non sapere più dove metterli e, contemporaneamente, le risorse sono cominciate a scarseggiare.

Una via d’uscita è rappresentata dal modello di produzione e consumo conosciuto come “Economia circolare”, dove i processi produttivi sono pensati e progettati per autorigenerarsi, non c’è più un inizio ed una fine di un prodotto, ma c’è un processo circolare.

Immagine F. Malucelli

La gran parte della circolarità di un prodotto viene decisa in fase di progettazione. Occorre pensare all’impiego e all’uso, oltre alle sue caratteristiche funzionali per cui un oggetto viene realizzato. Deve avere caratteristiche tali da poter essere smontato, disassemblato e riciclato. I prodotti devono essere modulari e versatili in modo da poterli riparare, migliorare e modificare senza dover ripartire di nuovo da zero.

Il riciclaggio dei materiali deve essere economicamente conveniente, altrimenti diventa un anello debole della catena ed è anche per questo che è importante la fase di progettazione, dove oltre funzionalità ed alla riparabilità, si tenga conto della possibilità di recuperare facilmente i materiali e gli imballi smettendo di alimentare le discariche.


Immagine https://ellenmacarthurfoundation.org

Oltre che un modello produttivo, quello circolare è anche un modello di consumo, un modello che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento, riciclo dei materiali e dei prodotti esistenti. Questo garantisce una estensione del ciclo di vita dei prodotti, in modo da generare valore il più a lungo possibile.

La grande novità è che è un modello di vita molto “sociale” che non implica solo produzione e commercializzazione ma che entra in merito al ciclo di vita del prodotto. Non si ha un “fine vita” ma si hanno diverse attività che intervengono per rimettere in circolo gli oggetti o i materiali (Riparare, Ricondizionare/Ricostruire, Riciclare).

Il passaggio all’economia circolare è indispensabile per poter avere uno sviluppo sostenibile, cioè che renda possibile il nostro futuro.

Nelle parole dell’economia circolare c’è tanto “uomo”, tanta umanità che nell’economia lineare non troviamo, questo implica un passo, e implica una forte responsabilità sociale. Assieme al cambiamento di modello produttivo e di consumo, occorre comprendere che il benessere di tutti noi, quello individuale e quello collettivo, passano attraverso due concetti chiave nell’ottica di uno sviluppo possibile per il nostro futuro, i concetti di sufficienza ed efficienza.

Se l’efficienza è insita nel processo produttivo sostenibile, la sufficienza passa attraverso la responsabilità di ognuno di noi. E’ avere quel che serve (Enough), ridurre cioè la domanda a parità di qualità del servizio, ovvero “avere e usare quanto basta”. Quello che l’architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe definiva con “Less is more”, puntare sull’essenziale per dare valore a ciò che si crea, eliminando il superfluo, quello che non serve.

Dopo decenni di consumismo sfrenato, ripensare i nostri consumi in un’ottica di essenzialità non è solo una questione legata ai bilanci economici personali e familiari ma un modo per concepire le risorse che abbiamo come un “bene comune”, come un patrimonio collettivo dell’umanità da spendere con parsimonia per non esaurirlo troppo in fretta.

Questo è un concetto molto più vicino a noi di quanto possiamo pensare; lo testimoniano le grandi crescite del commercio degli oggetti di seconda mano, di mercati come quelli gestiti da app come Vinted, Ebay o siti come Subito.it.

Secondo stime effettuate da BVA Doxa nel 2021 in Italia questo mercato ha movimentato 24 miliardi di euro, pari all’1,4% del PIL. Analogamente a questo è in fortissima crescita anche il mercato delle riparazioni, dove cresce costantemente la domanda di personale specializzato e dove è stato stimato che riparare può generare più di tre volte il fatturato dell’acquisto originale, oltre naturalmente a ridurre l’impatto ambientale complessivo grazie ad un minor utilizzo di risorse e a una minor produzione di rifiuti.

Secondo Wolfgang Sachs, «mentre l’efficienza consente di fare bene le cose, la sufficienza implica che si facciano cose giuste» un concetto applicabile sicuramente al contesto energetico, dove la riduzione dei consumi deve necessariamente accompagnare tutte le misure che evitano lo spreco. Ma deve necessariamente accompagnare anche i nostri comportamenti nei consumi, cercando di eliminare quel surplus che non ci serve. Questo vale per la lotta allo spreco alimentare come per la limitazione dei rifiuti. Limitare o eliminare gli imballaggi dei prodotti che acquistiamo, eliminare gli oggetti “monouso” è la strada che ci consentirà di non rimanere “sepolti” dai nostri scarti e di vivere in un mondo cosparso di (micro)plastiche.

Concludiamo questo breve excursus sull’economia circolare segnalando quanto sia significativa – per stare ai fondamenti della conoscenza, dalla teoria alla pratica – la comunanza di paradigma (di complessità, di circolarità, di ricorsività, di sostenibilità) tra economia circolare e educazione alla sostenibilità – vettore di cambiamento. Il paradigma dominante del sapere elaborato e trasmesso ex cathedra per blocchi separati di discipline condivide con l’economia lineare dell’usa e getta la stessa logica riduttiva e penalizzante per il funzionamento dei sistemi viventi. Viceversa, l’educazione alla sostenibilità e i modelli olistici e sistemici si propongono come una ricerca-azione dialogica e proattiva del processo di apprendimento, motori della ‘competenza evolutiva’ indispensabile alla specie umana e al pianeta terra.

Francesco Malucelli e Paolo Tamburini

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