L’inferno della guerra al Premio Suzzara
Con l’edizione 2025, il Premio Suzzara conferma la propria identità di osservatorio critico sul presente e di crocevia per l’arte impegnata. Il titolo scelto – “Inferno riflesso. La guerra nello specchio dell’arte” – richiama un’immagine disturbante e necessaria: quella della guerra vista attraverso la lente dell’arte, non solo per essere raccontata, ma per essere analizzata, interrogata, scomposta, messa in crisi.
Come per l’edizione 2024, in cui si riprendeva il tema del lavoro, fondante e identitario per il Premio Suzzara, anche quest’anno ci si rifà agli aspetti “costituenti” del concorso, che fin dalle sue origini ha promosso un’arte impegnata, capace di interrogarsi e riflettere sui grandi temi che coinvolgono la società nel corso della storia. Prendendo le mosse dall’80° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, si è voluto fare dell’arte uno strumento potente per rappresentare la guerra – in ogni tempo e in ogni luogo –, la violenza e i traumi che essa genera. Un’arte che si fa forma di resistenza e testimonianza, e contribuisce alla costruzione e alla conservazione della memoria. Se, infatti, nelle prime edizioni il Premio promuoveva il tema dell’impegno sociale degli artisti, oggi a loro si chiede una riflessione sul tema generale – ma più che mai attuale – della guerra: guerra combattuta sul fronte, in diverse parti del mondo ormai vicinissime a noi; guerra quotidiana contro nemici invisibili, ma ugualmente mortali, come la povertà, la discriminazione, l’odio; ancora, guerra interiore, contro le angosce, la paura, l’ansia.
“In concorso”: un coro di voci contro la guerra
A settantasette anni dalla sua nascita, il Premio si rinnova quindi nel segno dell’attualità e dell’urgenza, affrontando uno dei temi più drammatici della contemporaneità. La guerra, con la sua potenza devastante e il suo riflesso nella vita quotidiana, nella memoria, nei media, è al centro di un’edizione che ha visto una partecipazione straordinariamente ampia di artisti, sia per provenienza geografica, sia per varietà dei linguaggi espressivi presenti in concorso.

Sono 120 gli artisti selezionati, che hanno inviato le loro opere da tutta Italia, dall’Europa, dal Medio Oriente, dall’America e dall’Asia. Un panorama internazionale che arricchisce il Premio di sguardi molteplici, testimonianze dirette, sensibilità culturali e politiche differenti, e nel quale si ribadisce l’universalità del tema e la forza con cui le opere lo dimostrano.
Tra i partecipanti figurano artisti affermati accanto a giovani emergenti, in una composizione che riflette la volontà di dare voce a diverse generazioni: dalla memoria viva dei più maturi alla coscienza inquieta dei giovani e giovanissimi, che si affacciano oggi a un mondo segnato da conflitti vicini e lontani.
Molti lavori, come ci si aspetta in questo momento storico, prendono spunto dalle tragiche attualità che occupano il nostro tempo: la guerra in Ucraina, la violenza incessante nella Striscia di Gaza e in Palestina, i conflitti dimenticati in Africa, le tensioni politiche e le crisi umanitarie che attraversano il Mediterraneo.
Altre opere, invece, interrogano la guerra in forma più astratta, indagandone la presenza nei rapporti umani, nei traumi familiari, nella propaganda, nella solitudine dell’esilio. Altre ancora affrontano il tema attraverso il filtro del mito e della fantasia – che spesso muta in visione allucinata –, rivelando un desiderio profondo di indagine del conflitto sul piano ancora più universale dell’inconscio collettivo.
Estremamente ampia la varietà di approcci e linguaggi. C’è chi rievoca la guerra con oggetti di recupero, chi usa un linguaggio pittorico, chi si cimenta con la grafica o con la fotografia, e chi, infine, sperimenta una commistione di forme espressive e materiali in cui compaiono anche il video e la cinematografia.

Un coro di melodie differenti, talvolta dissonanti, in cui l’arte si fa veicolo di resistenza e di empatia, ma anche di analisi, di scomposizione del reale, di testimonianza collettiva. In molte opere emerge con chiarezza un posizionamento etico netto: un rifiuto della violenza, una denuncia dei meccanismi di potere, un grido di pace.
La mostra collettiva allestita presso il Museo Galleria del Premio Suzzara è il risultato di un processo curatoriale attento e partecipato, che ha privilegiato la qualità delle opere, la coerenza con il tema, ma anche il coraggio e l’autenticità degli approcci. Il percorso espositivo non propone un unico racconto, ma una costellazione di visioni, a volte discordanti, a volte convergenti, capaci di restituire la complessità del rapporto tra arte e guerra.
“Fuori concorso”: omaggi e retrospettive
Accanto alla sezione competitiva, l’edizione 2025 presenta anche tre importanti iniziative “fuori concorso” dedicate a Bruno Canova, Carlo Dusi e Domenico “Memo” Fornasari: tre artisti che, pur appartenendo a mondi e linguaggi differenti, incarnano in pieno lo spirito del Premio.
Innanzitutto, il 52° Premio Suzzara è dedicato, in collaborazione con l’Archivio Bruno Canova, alla memoria del maestro Bruno Canova (Bologna, 26 marzo 1925 – Lacco Ameno, 31 luglio 2012), pittore e incisore, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita. Partecipò al Premio nel 1954 con il disegno “Mercato in Campo de’ Fiori”, che gli valse – come da tradizione del Premio Suzzara, in cui gli artisti ricevevano un riconoscimento “in natura” – una latta d’olio lubrificante e 10 chili di pasta, e nel 1964, quando si aggiudicò il primo premio (il puledro) con “Composizione”. Ma oltre alla ricorrenza anagrafica, la scelta di Canova come figura centrale del 52° Premio riguarda anche lo stretto legame del maestro con la guerra: deportato a diciannove anni nel campo di concentramento di Flossenbürg, Canova si dedicò, a partire dalla fine degli anni Sessanta fino al 2012, anno della sua scomparsa, a un importante lavoro di raccolta e testimonianza degli orrori dei lager nazisti e della guerra, reinterpretandoli in forma artistica con diversi linguaggi – collage, disegno, pittura – nel progetto L’arte della guerra.

Il secondo artista a cui si vuole rendere omaggio nel corso della mostra delle opere del Premio, che inaugurerà il 21 settembre 2025 e rimarrà aperta fino al 10 gennaio 2026, è Carlo Dusi (Mantova, 1917–1995), pittore e incisore, esponente del gruppo “Corrente”, del quale sarà presente una selezione di opere a cura di Massimo Pirotti. Nel corso della sua attività Dusi ha esplorato in profondità il tema della figura umana e del ritratto, in una costante ricerca espressiva che lo ha portato a rappresentare spesso il mondo del circo, universo misterioso e inquietante, popolato di personaggi che fanno emergere una tensione mai pacificata, un “conflitto” che si esprime nella ricchezza cromatica e materica.
Chiude la rassegna l’omaggio, curato da Carlo Micheli, a Domenico “Memo” Fornasari (Mantova, 1910 – Verona, 1982). Artista inquieto e geniale, decisamente fuori dagli schemi, si interessò con successo a varie discipline, tra cui l’architettura, il teatro, il cinema e l’arredamento. Fornasari, al pari degli altri artisti di cui si vuole onorare la memoria, è un autore da riscoprire e rileggere, perché, pur avendo preso parte a moltissime iniziative espositive, poco rimane della sua vicenda artistica, significativa nel panorama della seconda metà del Novecento.
Le tre retrospettive si pongono quindi come momenti di approfondimento e confronto con le opere in concorso: fili che uniscono il passato al presente e che confermano la funzione culturale del Premio come memoria attiva, in continuo dialogo con le sfide e le richieste del presente.
“Il costo del pane. Arte e impegno al Premio Suzzara 1958-1968”, la nuova sezione della permanente
Per valorizzare infine la collezione permanente, una sezione del Museo ospiterà, in continuità con la passata mostra, dedicata al primo decennio del concorso (“La paga del sabato. Gli anni d’oro del Premio Suzzara 1948-1958”, a cura di Adrian Botan ed Erika Vecchietti), una selezione di opere dal decennio successivo: “Il costo del pane. Arte e impegno al Premio Suzzara 1958-1968”, a cura di Adrian Botan (da cui le immagini sono tratte). Tra la fine degli anni Cinquanta e la soglia del Sessantotto, infatti, il Premio Suzzara attraversa una fase di straordinaria densità culturale, riflettendo i cambiamenti profondi che attraversavano l’Italia: l’avvento del consumismo, la crescita della coscienza di classe, le tensioni tra progresso e alienazione. In questo contesto emerge con forza una delle tendenze più significative del secondo dopoguerra: il realismo esistenziale. Rispetto al realismo sociale degli anni immediatamente successivi alla guerra, questo nuovo orientamento non intende più documentare il mondo del lavoro o le lotte collettive, ma piuttosto esplorare la condizione interiore dell’essere umano: protagonisti non sono più masse in movimento o contadini e operai al lavoro, ma uomini soli, figure marginali, interni domestici abitati dall’inquietudine, paesaggi suburbani svuotati di presenze ma densi di attese.
Come da tradizione, il Premio Suzzara entra nella realtà, la indaga, la capovolge, la riflette. Come riflette l’inferno in cui la guerra – esterna o interna all’individuo – precipita l’essere umano.
Erika Vecchietti
Nella foto in alto: Giulio Ruffini, “Uomo travolto”, 1965 (olio su tela, 150 x 200 cm, Museo Galleria del Premio Suzzara). Al 20° Premio Suzzara del 1967 vinse il vitello.
