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La Dichiarazione dei diritti dell’uomo parla anche in dialetto

N. 91- Luglio-Agosto 2024

 

 

 

La Dichiarazione dei diritti dell’uomo parla anche in dialetto

Fra i compiti della Deputazione di Storia Patria c’è anche la valorizzazione dei dialetti locali; la sezione di Reggio Emilia della Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie Modenesi onora tale impegno con la frequente pubblicazione di studi sul dialetto reggiano.

Sulla scia di soci della Deputazione Reggiana che si occuparono a fondo di questo argomento, come Ugo Bellocchi e Luigi Ferrari, ora è Giuliano Bagnoli, socio emerito della Deputazione, a lavorare indefessamente in questo ambito, “dimostrando la sua competenza puntuale, … anche per quanto riguarda la fonetica, la grammatica e i segni diacritici, testimoniando che il nostro dialetto è una vera e propria lingua, che va conosciuta, studiata e valorizzata”, come si esprime Giuseppe Adriano Rossi, presidente del sodalizio.

In verità il compianto socio emerito Luigi Ferrari sosteneva che il dialetto “è la lingua delle cose, non delle idee”, cioè un linguaggio aderente alla vita quotidiana delle persone, al loro lavoro, ai loro sentimenti, più adatto a esprimere la concretezza del vissuto che alte riflessioni teoriche. Per questo mi ha un po’ sorpreso il tentativo del dottor Bagnoli di tradurre in dialetto nientemeno che la “Dichiarazione Universale dei diritti umani”, documento di altissimo valore ideale, approvato dall’Assemblea Generale dell’ONU il 10 dicembre 1948, esattamente 75 anni fa (ricordo, per inciso che l’Italia, per il fatto di essere considerata una delle nazioni sconfitte nella Seconda Guerra Mondiale, fu ammessa a far parte dell’ONU solo nel 1955). Ma il socio emerito Giuliano Bagnoli ama le sfide impegnative e, deposto il camice di medico pediatra tutto intento alla vaccinazione dei piccoli e anche la cappa e i guanti di Cavaliere del Santo Sepolcro in dolorosa meditazione sulla guerra scoppiata una ennesima volta in Terra Santa, si è tuffato a capofitto in questa impresa oserei dire temeraria ed ha ottenuto il risultato lusinghiero di applicare i suoi talenti di studioso del dialetto reggiano a un documento così arduo e di altissimo valore ideale.

Il risultato delle sue notti insonni è il quaderno n. 14 della collana “Fonti e Studi” pubblicata a cura della Deputazione Reggiana, che potrà essere reperito dagli appassionati dell’argomento nella sede stessa della Deputazione in corso Garibaldi 59, o presso la Libreria Bizzocchi; i competenti di dialetto potranno rendersi conto della difficoltà di tradurre nella lingua dialettale le complesse espressioni e i sottili ragionamenti del documento, nonché i neologismi, cioè parole nuove da inventare di sana pianta con giri di parole che i nostri antenati, abituati a parlare come mangiavano, forse non si sarebbero mai sognati di pronunciare.

Faccio qualche esempio: come traduce il dottor Bagnoli l’espressione “libertà di pensiero?”: “penser col ch’as vol”; “risiedere?”: “ster ed cà”; “arbitrariamente?”: “fora da la legg”, e così via: ci voleva solo la competenza e l’inventiva del socio emerito per trovare queste soluzioni.

Passando poi a spiegare i criteri usati per operare la traduzione in dialetto reggiano (ma esiste poi il “dialetto reggiano”? Ogni paese ha il suo), il dottore ci spiega che, fra tutti i dialetti del territorio reggiano, dal Cerreto al Po, ha scelto quello parlato tra Bagnolo e Correggio, in quanto il dialetto di Reggio-città è parlato ormai da pochissime persone; fate una vasca in via Emilia per sincerarvene; sentirete tutte le lingue del mondo, “fora che l’arsan”. “Ogni mod, ogni manera, o che guai l’è la moiera!”

Complimenti quindi all’autore e buona lettura agli appassionati!

Don Augusto Gambarelli

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