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Il racconto del Delta del Po

N. 87- Marzo 2024

 

 

 

Il racconto del Delta del Po

Tra gli anni Cinquanta e la fine degli anni Ottanta, un gruppo di intellettuali, con diverse azioni, ha contribuito a far conoscere la realtà del Delta del Po. Il percorso culturale è descritto nel libro dal titolo “Ibridi Ferraresi “di Giuseppe Scandurra, professore di Antropologia dell’Università di Ferrara.

L’autore evidenzia il valore innovativo delle azioni culturali svolte per raccontare il territorio quali l’utilizzo di reportage, fotografie, pitture, film e lungometraggi. Si parte dall’analisi del film “Ossessione” del 1943 di Visconti. Il film, infatti, non solo ha contribuito a raccontare il Delta, ma più in generale è stata un’occasione per descrivere ed entrare in quel tipo di realtà. Ma il vero punto di partenza si è avuto nel 1951 quando, a seguito di un alluvione, una rete di intellettuali e artisti si è recata in massa nella bassa ferrarese. La catastrofe meteorologica è stata oggetto del libro “Voci del Delta”, del 1953 curato da alcuni artisti, tra i quali Spero Ghedini, Vittorio Passerini, Giuseppe Leonelli ed Italo Marighelli. Il libro non solo ha raccontato le vicende legate all’alluvione, ma ha costituito un’opera interdisciplinare comprendendo saggi storici, racconti, poesie, appunti di una canzone, inchieste su fabbriche e favole. Anche dal punto cinematografico, la zona ha attirato grande attenzione, basta ricordare il film “Delta Padano” del 1950 realizzato, tra gli altri, da Florestano Vancini ed Onorio Dolcetti. Il prodotto voleva essere soprattutto un mezzo per documentare le condizioni sociali e culturali degli uomini e delle donne del basso ferrarese. Anche Renato Sitti, con la creazione del Centro Etnografico Ferrarese, nel 1972, grazie al recupero di opere della cultura popolare ha cercato di promuovere un “nuovo sapere di cultura”. Un altro personaggio menzionato nel libro è Franco Farina che per trent’anni (dal 1963 al 1993) è stato direttore del Palazzo dei Diamanti. È anche grazie al suo lavoro se Ferrara in quegli anni ha giocato un ruolo artistico importante. Nel 1968 è stato aperto il Centro Attività Visive e con la mostra “La famiglia italiana in 100 anni di fotografia”, curata da Ando Giliardi, Marcantonio Mucci Falcone e Tullio Seppilli: si può affermare che fu l’arrivo dell’antropologia visuale in Italia. Questi intellettuali, studiosi ed artisti hanno cercato, attraverso uno studio etnografico, di far conoscere come vivevano gli abitanti di queste zone, che venivano considerate come terre lontane ed esotiche. Come sottolinea Scandurra, il Delta può essere definito come una terra ibrida in quanto non è né Veneto, né Emilia e neppure Romagna. Ibrido è anche il linguaggio utilizzato da questi intellettuali nelle loro opere per far conoscere il territorio.

Matteo Rossi

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