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Il parco della Majella diventa geoparco Unesco

N. 92- Settembre 2024

 

 

 

Il parco della Majella diventa geoparco Unesco

Il parco nazionale della Majella è diventato Geoparco Mondiale dell’Unesco con il nome di “Majella Geopark”. La nomina è arrivata il 22 aprile 2021, Giornata Mondiale della Terra, dopo un percorso di cinque anni di istruttoria da parte di studiosi ed esperti. Con questo riconoscimento, il parco abruzzese entra nella rete di 160 geoparchi mondiali.

Sant’Onofrio al Morrone

Il riconoscimento Unesco premia la grande geodiversità del territorio della Majella che può vantare ben 95 geositi, cioè beni geologici e geomorfologici di grande pregio scientifico e ambientale del patrimonio paesaggistico. Si tratta in genere di architetture naturali, o singolarità del paesaggio che testimoniano i processi che hanno formato e modellato il nostro pianeta e rappresentano una eccellenza del territorio e un importante richiamo culturale e didattico. In Italia ci sono già altri nove geo parchi, dall’Adamello-Brenta al Monte Beigua, dalle Madonie al Pollino.

Nei 75 mila ettari del parco della Majella, compresi tra le province di L’Aquila, Pescara e Chieti, si trovano ben sette riserve naturali statali e sono state censite oltre 2.100 specie vegetali e 150 animali. Ma è lo stretto legame tra geologia, biodiversità e cultura storica che fa della Maiella un territorio unico in cui la presenza umana è stata costante e positiva fin da epoche molto remote.

San Liberatore

Il territorio che sale fino ai 2.795 metri del monte Amaro (la cima più alta) è percorso da gole, fenditure e alte pareti di roccia dove gli esperti studiano il sovrapporsi di ere geologiche e gli antropologi e archeologi trovano continuamente tracce della presenza umana, dalla preistoria fino a tempi più recenti. Qui si trovano più di 40 eremi, dove nel Medioevo si sono rifugiati eremiti spinti in Occidente dall’avanzata dei musulmani. Il più noto tra gli eremiti è Pietro Angeleri, conosciuto come Pietro da Morrone, divenuto papa con il nome di Celestino V e che qui ha lasciato una quindicina di eremi.

Non si tratta certo solo di un territorio per esperti perché la selvaggia bellezza delle gole dell’Orta e della valle dell’Orfento, il fascino della forra di Fara San Martino, dove è state disseppellita da qualche anno l’abbazia di San Martino in Valle (definita la Petra italiana), richiamano ogni anno visitatori che apprezzano la natura selvaggia e; al contempo; l’interazione tra la natura stessa e l’uomo.

Giuseppe Di Paolo

Foto di apertura: la valle dell’Orfento

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