Come trasformare il lambrusco in un’eccellenza

Correva l’anno 1860, quando Cleto Chiarli decise di trasformare in Cantina la Trattoria dell’Artigliere, che gestiva a Modena con la famiglia, per dedicarsi interamente al vino, visto il successo che il suo Lambrusco otteneva tra i clienti. Un’intuizione felice, sostenuta dall’aumento delle vendite ben al di fuori dell’ambito locale, fino ad ottenere, 40 anni dopo, nel 1900, la Mention Honorable all’Esposizione Universale di Parigi.
Una storia che merita un museo, ed è proprio quello che la famiglia di imprenditori modenesi sta per inaugurare all’interno degli eleganti spazi di villa Cialdini, a Castelvetro.
Chi ha gestito (e reso grande) l’azienda nel tempo ha sempre coniugato la curiosità per i più recenti ritrovati tecnico-scientifici, la fedeltà alle produzioni del territorio e un occhio attento ai desideri dei consumatori.
Così, dalle circa 100.000 bottiglie di inizio Novecento, il marchio Chiarli è stato stampato su oltre tre milioni di etichette nel secondo dopoguerra, poi su sei milioni negli Anni ’60 del secolo scorso.

Quando il lambrusco ha cominciato (negli Anni ‘70) ad uscire dalla minorità qualitativa in cui l’avevano relegato alcune leggerezze produttive e troppi recensori pregiudizialmente non favorevoli, la famiglia Chiarli fu in prima linea nella battaglia per ottenere la Dop e per dar vita al Consorzio dei lambruschi modenesi. E mentre finalmente gli italiani e tutti gli amanti del vino scoprivano le bollicine del “red champagne”, l’azienda modenese si garantiva i migliori terreni per mettere a dimora le varietà Grasparossa e Sorbara.

L’avvincente storia dei vini Chiarli è stata illustrata ad un gruppo specializzato di giornalisti agricoli di Emilia Romagna, Marche, Umbria e Repubblica di San Marino, durante un press tour organizzato da Arga Interregionale (guidato dalla presidente Lisa Bellocchi), che contemporaneamente ha svolto anche la propria assemblea annuale. Era presente anche il presidente nazionale di UNARGA, Roberto Zalambani.
L’arrivo del XXI secolo ha spinto il viticoltore modenese ad un ulteriore passo. La Cantina Storica Chiarli 1860, impegnata nei mercati di grandi volumi, è stata affiancata dal nuovo marchio “Cleto Chiarli Tenute Agricole”, che ha unificato le sette proprietà dell’area castelvetrese e che ha avviato la costruzione di un nuovo, modernissimo impianto di produzione e confezionamento, dedicato esclusivamente ai vini d’alta gamma. Ad esempio, quelli del famoso Vigneto Cialdini, da cui nasce l’omonima etichetta del cru Grasparossa.

La “filosofia Chiarli” (che ha portato a prestigiosi riconoscimenti internazionali è stata illustrata ai giornalisti da Tommaso Chiarli, rappresentante della quinta generazione della famiglia. “La risposta sta nel continuo studio e perfezionamento di ogni fase del metodo Charmat, in modo da poter controllare tutte le variabili ed ottenere il massimo dallo straordinario frutto uva che abbiamo a disposizione. L’innovativo processo prevede che le uve vengano trasferite e pigiate subito dopo la raccolta. Il mosto ottenuto è immediatamente refrigerato e immesso in serbatoi frigoriferi perché possa essere conservato insieme ai suoi zuccheri naturali senza subire alcun trattamento. La spumantizzazione avviene, poi, tramite un’unica fermentazione, effettuata in autoclave, utilizzando quindi solo mosto integro. Infine, l’imbottigliamento si svolge in totale sterilità, sempre a bassissima temperatura e con l’utilizzo di attrezzature che garantiscono l’ottimale conservazione del vino in bottiglia”.