Ci fu, una volta, la Brigata Maiella
Nel 2024 si celebrano il centesimo anniversario dell’assassinio di Giacomo Matteotti e l’ottantesimo della discesa in campo della brigata Maiella, unica formazione partigiana ad essere decorata con la medaglia d’oro alla bandiera.
Cos’è che unisce i due fatti? A parte l’antifascismo, sembrerebbe niente, se non fosse che Ettore Troilo, il fondatore della brigata Maiella è stato un antifascista che ha collaborato con Matteotti lavorando nella sua segreteria fino al suo assassinio.
Nato il 10 aprile del 1898 a Torricella Peligna, in provincia di Chieti, Ettore Troilo è ricordato soprattutto come partigiano e prefetto di Milano. Fin da giovane si distingue per la sua passione politica e sociale. Socialista, a diciotto anni, finito il liceo, parte volontario per la Grande Guerra. Nelle trincee conosce altri uomini impegnati in politica, tra cui Emilio Lussu (l’indimenticabile autore di Un anno sull’Altipiano).
Al termine del conflitto, nel 1922 si laurea in Giurisprudenza e si trasferisce a Milano nello studio di un avvocato. La sua passione politica lo porterà a frequentare la casa di Filippo Turati che lo presenterà a Matteotti, nella cui segreteria collaborerà una volta tornato a Roma. Dopo l’assassinio del deputato socialista, Troilo continuerà ad esercitare la sua attività di avvocato, costantemente vessato e controllato dalla polizia fascista.
Ma è dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 che emerge la vera tempra dell’abruzzese. Dopo aver partecipato invano alla difesa di Roma con i resti del disciolto Regio Esercito, torna tra i monti del suo Abruzzo. Probabilmente non c’è posto peggiore dove andare in quel momento: i tedeschi stanno facendo terra bruciata nei paesi a ridosso della Linea Gustav. Troilo si trova nel mezzo di interi paesi distrutti e di carneficine della popolazione civile.
Sbandato tra sbandati, Troilo sul finire del 1943 comincia ad organizzare gruppi di patrioti che vogliono difendere e liberare la loro terra dall’invasore e si rivolge agli inglesi del generale Montgomery per ottenere armi e equipaggiamento. Ma niente. Gli inglesi non si fidano perché vedono negli italiani “comunisti” o “traditori”, pronti a cambiare bandiera.
Solo nel gennaio del 1944, l’arrivo del maggiore dei paracadutisti inglesi Lionel Wigram smuove le acque. Wigram dà fiducia a Troilo e coinvolge il suo gruppo in alcune importanti operazioni, tra cui l’attacco a Pizzoferrato, dove l’inglese viene colpito a morte. Quelli che inizialmente venivano chiamati “Banda Patrioti della Maiella” vengono ora definiti la Wigforce. Ma dura poco. Con la morte dell’eroico Maggiore, Ettore Troilo deve ricominciare daccapo. Ed è qui che emerge tutta la capacità di mediazione dell’avvocato abruzzese: convince i comandi alleati che il suo gruppo sarà completamente apartitico (fatto atipico nella storia della Resistenza, la Brigata, proprio per volere di Troilo, non avrà mai un commissario politico) e che è disposto a combattere contro i tedeschi fino alla fine.
È nel giugno del ’44 che la Brigata Maiella assume la sua forma definitiva. Inquadrati nel secondo Corpo d’Armata Polacco agli ordini del Generale Wladyslaw Anders, i partigiani della brigata Maiella, caso unico in Italia, non si limitano alla liberazione della loro regione (scelta che sarebbe stata umanamente comprensibile), ma risalgono a fianco degli alleati tutta la penisola contribuendo alla liberazione delle Marche, dell’Emilia-Romagna e del Veneto. Il 21 aprile del 1945, gli uomini della Maiella saranno i primi ad entrare nella Bologna liberata, insieme con i Polacchi. Dopo essersi spinta sino all’altopiano di Asiago, la Brigata si scioglie il 15 luglio a Brisighella, in Romagna. Dai 400 uomini inziali, l’organico a fine guerra sarà di quasi 1.500 soldati.
Alla fine del conflitto inizia la seconda impegnativa vita di Ettore Troilo. Nel Governo di Unità Nazionale di Ferruccio Parri, tramite il ministero per l’Assistenza Post-bellica guidato dal suo commilitone della Grande Guerra, Emilio Lussu, Troilo viene nominato ispettore generale per l’Abruzzo. Ma dura poco. Il primo Governo De Gasperi infatti lo designa, quasi a sorpresa, a prefetto di Milano. È una città piena di problemi, ferita dalla guerra non solo materialmente. La difficile situazione sociale vede contrapporsi bande di diverso colore politico in scontro tra loro, la delinquenza in aumento a causa anche della povertà, i prezzi degli alimentari alle stelle.
E qui Troilo risfodera la sua capacità di mediatore. Primo in Italia, insieme con il sindaco Antonio Greppi (ex-partigiano come lui), si inventa il calmiere dei prezzi il cui successo è tale che diventa un esempio per altre città del Nord e poi di tutta Italia. Troilo convoca per il 15 settembre del ’46 un incontro di 35 prefetti per l’estensione del calmiere. A presiederlo in prefettura a Milano interviene, di ritorno dalla conferenza di pace di Parigi, addirittura il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, che dopo l’incontro darà ordine al Cip (Comitato interministeriale Prezzi) di predisporre un provvedimento sulla scia di quello di Troilo.
Nel maggio del ‘47, il Governo De Gasperi rompe con la sinistra ed esonera i prefetti di nomina politica. Il nuovo ministro dell’Interno, Mario Scelba, decide di sostituire l’ex partigiano con un prefetto di carriera. Succede il finimondo: le sinistre insorgono, gruppi di partigiani armati sono pronti a convergere su Milano anche da Torino e Genova. Scelba sceglie la linea dura e dà ordine al generale Manlio Capizzi comandante del presidio militare di Milano di occupare la prefettura. La tensione è grande. Mentre a Roma fervono le trattative tra le parti per evitare il peggio, Troilo dà ancora una volta prova della sua capacità di mediare e del suo rispetto per le istituzioni. Il generale Capizzi è un ex partigiano che aveva conosciuto Troilo durante i duri mesi di guerra in Romagna e tra partigiani ci si intende. Troilo si ritira in buon ordine e il generale può telegrafare a Scelba che alla prefettura di Milano è tutto sotto controllo e non c’è bisogno di usare la forza.
Ancora il Governo De Gasperi lo nomina ministro plenipotenziario per l’Italia per i problemi dell’informazione e la promozione alla neonata Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu), con la nomina a prefetto di prima classe. Troilo si dimette neanche un anno dopo (anche dalla carica di Prefetto, rifiutando tutte le prebende) per candidarsi alle elezioni del 1948 da indipendente nelle file del Fronte Democratico popolare. Risulterà il primo dei non eletti nel collegio Milano-Pavia. Potrebbe rientrare in Parlamento per la disponibilità di un deputato comunista ad optare per un altro collegio dove è stato pure eletto, ma Troilo dimostra ancora una volta la sua tempra e rifiuta in quanto tale scelta sarebbe stata “lesiva della sua dignità”.
Anche se si era formato politicamente nelle file socialiste, Ettore Troilo come il suo conterraneo Ignazio Silone era un “socialista senza partito” di ispirazione riformista e libertaria, non a suo agio nei partiti della sinistra allora in auge e si candiderà altre due volte (senza essere eletto ) alle elezioni politiche, nel 1951 nel partito di Unità socialista (insieme con Leo Valiani e Greppi) e nel 1953 con il Movimento di autonomia socialista (con Piero Calamandrei, Ferruccio Parri e ancora Greppi).
Nel 1955, tornò a Roma per riprendere l’attività di avvocato a 57 anni, dopo aver rifiutato altre due candidature, dal Pci e addirittura dal Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante, che gli riconosceva il merito di aver sempre impedito violenze e vendette verso i fascisti catturati dalla brigata Maiella (la brigata non eseguì mai esecuzioni sommarie o fucilazioni). Negli ultimi anni della sua vita lavorò per la costruzione alle falde della Maiella di un sacrario per i caduti della sua Brigata e la costituzione dell’Istituto abruzzese per la Storia d’Italia dal Fascismo alla Resistenza. Obiettivi raggiunti postumi (nel 1976 e nel 1977) perché Ettore Troilo scomparve a Roma il 5 giugno del 1974 stroncato da un brutto male.
Nel 2011, nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, una pubblicazione ufficiale della Presidenza del Consiglio lo ha inserito tra i centocinquanta uomini protagonista dell’Italia Unita.
Giuseppe Di Paolo
Le immagini di questo articolo sono della Fondazione Brigata Maiella