Addio a Borsatti, fotografo di cronaca e di vita

Una sua foto è stata esposta persino al MoMa, Museo d’Arte Moderna di New York. Ma la sua immagine più famosa, quella che lo ha fatto conoscere al grande pubblico in Italia e nel mondo, Stati Uniti in testa, è una foto quasi casuale.
Il 21 marzo 2025, Ugo Borsatti, fotografo di cronaca e di vita, si è spento a novantotto anni nella sua Trieste, la città cui ha dedicato una intera esistenza di lavoro e di amore diventandone lo storico per immagini.

Nato a Trieste nel 1927, vive da adolescente la tragedia della Seconda Guerra Mondiale. Catturato dai tedeschi, a 17 anni rischia di morire, ma si salva con una fuga rocambolesca e inizia la sua attività di fotografo all’indomani dell’8 settembre 1943, quando da una finestra socchiusa della sua casa fotografa soldati italiani disarmati che sfilano per le vie della città scortati dai tedeschi.
Da allora è tutto un susseguirsi di immagini. Borsatti immortala le persone, le folle, gli scontri che, tra la fine della guerra e il 1954, caratterizzano la vita di Trieste, città sotto amministrazione degli Alleati, contesa tra Italia e Jugoslavia. Finiti i periodi duri, prosegue con foto di cronaca, di sport (la Triestina è in serie A, allenata dal grande Nereo Rocco, mentre di Isola d’Istria, vicino Trieste, è il campione del mondo dei pesi medi Nino Benvenuti), foto di vita quotidiana e di spettacolo. Sue sono le foto che ritraggono la presenza a Trieste di personaggi come Sophia Loren, Silvana Mangano, Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Rudolf Nureyev fino a uomini di cultura come Giuseppe Ungaretti o politici come Sandro Pertini, il tutto condito con tante, tantissime foto di vita di tutti i giorni, di gente semplice e di cronaca triestina, come la foto Morte di un carrettiere, che apre questo articolo, immagine di un carretto investito nella galleria di piazza Foraggi, esposta nel 1964 al MoMa di New York.
Il 12 dicembre 1954, quando le truppe alleate stanno lasciando la città, Ugo Borsatti è alla stazione che fotografa i soldati in procinto di partire. Un soldato americano dal finestrino di un treno tiene sollevata una ragazza italiana e la bacia appassionatamente. Uno due, tre scatti che il fotografo fa e conserva, come tanti di quei giorni. “L’amorazzo di una stagione” pensa Borsatti.

L’immagine è bella e il fotografo la usa per partecipare a diverse mostre intitolandola “Ciao Johnny, addio per sempre”. Non sa che è la prima immagine di una storia che fa bene all’anima. Ci vorranno quarantaquattro anni per svelare cosa c’è dietro. Nel 1998, a Foto Omnia, studio fotografico di Borsatti, dove su una parete fa bella mostra di sé la foto del soldato e della ragazza, entra un giovane triestino che esclama “cosa fanno qui mia zia e mio zio?!”.

L’amorazzo era amore vero: il ventenne Jim Swaim e la diciannovenne Graziella Cirrincione si erano sposati e vivevano in California, attorniati da tre figli e cinque nipoti. Borsatti e i coniugi Swaim si incontrano e la storia finisce su giornali e televisioni italiane, americane e di diversi altri Paesi. Borsatti e la moglie parteciperanno anche alla festa dei cinquant’anni di matrimonio dei due non più giovani, ma sempre innamorati.

Nella sua lunga vita, Borsatti lavora per Stadio, Corriere dello Sport, Tuttosport, Corriere della Sera, Rotofoto di Fedele Toscani (padre del più celebre Oliviero); per anni è il fotografo del Gazzettino, del Messaggero Veneto e molti altri giornali. Mette insieme oltre 350 mila negativi che sono stati acquistati dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Trieste e, dal 2007, depositati presso la Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte. Il suo archivio, Foto Omnia, è stato dichiarato di interesse storico ed è vincolato dalla Soprintendenza.
Giuseppe Di Paolo