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A Ravenna mosaici… con le ali

N. 83- Novembre 2023

 

 

 

A Ravenna mosaici… con le ali

Nei mosaici delle antiche chiese ravennati sono molto presenti soggetti di avifauna. Moltissime sono le raffigurazioni di uccelli, bellissime e ricche di simbologia. Note al grande pubblico turistico sono le colombe del Museo di Galla Placidia, riprodotte in quadretti di mosaico quali souvenir per il turista appassionato d’arte. Sulle volte delle diverse chiese non mancano pavoni, fagiani e aironi, nonché faraone e storni, uccelli quest’ultimi meno noti al pubblico e meno rappresentati nelle riproduzioni. L’arte musiva ravennate è dunque ricca di avifauna, come del resto è ricca l’avifauna del territorio ravennate, per chi è appassionato di birdwatching, con oltre 310 specie segnalate.


Atelier Dusciana Bravura – Dusciana Bravura, Uccellino verde, 2018

Un connubio che, fra l’altro, ha trovato realizzazione nel libro “Gli uccelli nei mosaici bizantini” del compianto Azelio Ortali, naturalista, poeta, studioso e scrittore, mancato nel luglio scorso a 98 anni. Ora, in occasione dell’VIII Edizione della Biennale di Mosaico Contemporaneo (in corso a Ravenna fino al 14 gennaio 2024) con un ricco cartellone di eventi d’arte, una nuova e particolare rappresentazione del tema è stata proposta dall’artista Rebecca Sforzani che attraverso l’uso di differenti materiali ha ambientato il proprio lavoro all’interno di una caratteristica e storica cornice locale. “Pialassa” s’intitola l’opera, che fa parte di un ampio progetto che l’artista ha pensato per più residenze in diversi luoghi, legato all’introduzione della natura come oggetto di diritto all’interno della costituzione dell’Ecuador del 2008. Realizzata con la preziosa collaborazione del laboratorio Koko Mosaico di Arianna Gallo durante la permanenza in residenza a Ravenna, l’opera raffigura un ambiente tra acqua e cielo, nel quale vivono alcune specie di uccelli, quali il fenicottero, la moretta tabaccata, il mignattaio, il gruccione, il martin pescatore, il fistione turco, l’avocetta, che Rebecca Sforzani ha rappresentato a seguito di uno studio iconografico incrociato tra le figure dei manuali di birdwatching e i mosaici della tradizione ravennate. L’ambiente fra acqua e cielo è appunto la “pialassa”, la tipica zona umida ravennate, alimentata dal mare dal cui movimento di alta e bassa marea (piglia-e-lascia l’acqua) trae il proprio nome, cioè “piglia” (con l’alta marea) e “lascia” (con la bassa marea). Le due condizioni hanno poi trovato già anticamente la fusione in un unico toponimo “pialassa”. Il luogo è fortemente identitario per chi lo frequenta, specialmente cacciatori e pescatori. I cacciatori in particolare frequentano quell’ambiente appostandosi nelle cosiddette “botti da caccia”, botti immerse in acqua, per cacciare le specie acquatiche consentite dalla legge. Finita la stagione venatoria, su quelle stesse botti costruiscono il nido alcune specie di uccelli acquatici. Tale contrasto ha dunque indotto Rebecca Sforzani ad affrontare artisticamente la forte ambivalenza fra contrari, essere umano e natura, in chiave ravennate e perciò in relazione all’ambiente vallivo, agli uccelli acquatici e al loro habitat.

La condizione ambientale-naturale è stata riprodotta attraverso il dono di una botte da parte di due cacciatori ravennati e una collocazione effettivamente ad hoc per l’opera: la cripta, molto particolare, che si trova sotto l’altare maggiore della Basilica ravennate di San Francesco. Sotto l’altare maggiore, infatti, attraverso una finestra si può scorgere la cripta risalente al X secolo con il pavimento sommerso dall’acqua. Questo perché la cripta si trova al di sotto del livello del mare e l’acqua piovana confluisce al suo interno, creando un effetto di trasparenza molto suggestivo che permette di vedere sul fondo i mosaici pavimentali della chiesa. Anche lì dunque l’acqua “va e viene”, e lì, con un notevole lavoro di braccia, è stata collocata la botte al cui interno sono osservabili, dalla finestra di cui sopra, i quadretti di mosaico di Rebecca Sforzani che ritraggono i “nuovi entrati” dell’arte musiva ravennate (il fenicottero, la moretta tabaccata, il mignattaio, il gruccione, il martin pescatore, il fistione turco, l’avocetta). L’opera è stata presentata alla presenza dell’artista, a cura di Arianna Maestrale (Mixta) e in collaborazione con Koko Mosaico di Arianna Gallo. Da sottolineare, restando in tema di ambiente con la filosofia del riciclo, che è prassi di Rebecca Sforzani utilizzare materiali di scarto e reperire elementi grazie alle relazioni con le persone: la botte in questo caso particolare, pezzi di mosaico ricavati da avanzi del laboratorio di Koko Mosaico, e giacenze di magazzino di una fabbrica di mosaico industriale (Ravennae). L’ideazione della stessa opera si è sviluppata attraverso gli incontri e le interviste che l’artista ha realizzato durante la sua residenza in città e nelle passeggiate nella pineta di Ravenna (cittadini e cittadine, guardaparco, esperti ed esperte del Museo NatuRa di Sant’Alberto e del Museo d’Arte di Ravenna, il laboratorio di mosaico). In estrema sintesi, la valorizzazione di quando natura e cultura s’intrecciano tra loro dando luogo, spesso, all’interferenza di una nei confronti dell’altra. Alla Biennale del Mosaico Contemporaneo, VIII Edizione, a Ravenna fino al 14 gennaio 2024.

Roberto Aguzzoni

Nella foto in alto: Botte e mosaici collocati nella cripta della Basilica di S. Francesco a Ravenna

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