Tra i monti della Carnia, per boschi sempre più amici

“Essere un operatore ambientale montano significa lavorare in montagna tutto l’anno valorizzando le risorse naturali, le potenzialità dei servizi ambientali, artigianali e turistici”. Ha questo obiettivo il Cefap di Paluzza, in provincia di Udine, una delle 26 sedi degli enti formativi accreditati dalla Regione Friuli-Venezia Giulia.
Quando arrivi a Paluzza, l’Austria è un tiro, appena dietro le cime delle montagne. Luoghi che sono stati a lungo contesi, sedi sanguinose di conflitti durante la Prima Guerra Mondiale. Per non dimenticare, nella frazione di Timau sorge un ricco Museo voluto e gestito dall’Associazione Amici delle Alpi Carniche. Tanti oggetti di uso comune testimoniano l’incredibile durezza della vita di trincea. Nella piazza adiacente, un monumento ricorda le “portatrici carniche”, donne dai 15 ai 60 anni che si caricavano sulle spalle pesi di 30-40 chili e portavano così i rifornimenti ai soldati in prima linea. Basta alzare gli occhi dal bassorilievo celebrativo verso le vette circostanti per capire quanto dovesse essere duro il lavoro di queste donne.

In queste zone la montagna è ostica, contemporaneamente luogo di fatica e fornitrice di molteplici, fondamentali beni. Qui il bosco si amplia di anno in anno, per il concomitante effetto dello spopolamento delle montagne, dell’abbandono dell’agricoltura (qui certamente “eroica”) e di una “cultura dell’incolto” che -narrata ed imposta dagli inesperti abitanti delle città – valuta negativamente ogni intervento dell’uomo.

Eppure, qui uomini vivono, prosperano, creano e c’è chi lavora al loro fianco per valorizzarne l’impegno. Come? Se l’è domandato il convegno organizzato dall’associazione ambientalista Wigwam (la più longeva in Italia, risale al 1971) sul tema “Acqua, foresta e montagna”.

Un’indagine tra gli abitanti più giovani della Carnia restituisce una risposta decisa: essi desiderano continuare a vivere nell’area natia. Più che necessario, allora, creare condizioni perché vi possano trovare lavoro, contribuendo contemporaneamente, al benessere dei luoghi e al loro personale.
Nasce da questa consapevolezza l’impegno di Cefap, scuola professionale, e di Cesfam, Centro servizi per le foreste e le attività della montagna, punte di diamante della struttura formativa della Regione Friuli Venezia Giulia. Entrambi formano operatori del bosco, ai diversi livelli di specializzazione, favoriscono lo scambio di esperienze con altri territori e con strutture universitarie e promuovono lo sviluppo delle filiere foresta – legno e foresta – legno – energia.

Il legno non manca in Carnia – spiega Andrea Pincin, direttore del CESFAM, phd in silvicultura e una passione incontenibile per queste foreste. Il legno non manca ed ha un mercato importante, ma succede una cosa bizzarra: viene tagliato nei boschi italiani, appena sgrossato per una prima commercializzazione, poi esportato in Austria, dove, con una seconda lavorazione, sarà venduto a chi lo userà, ad esempio, per farne mobili. E qui appare la bizzarria: i maggiori acquirenti del legno da mobili (diventato “austriaco”) sono i produttori italiani. Il nostro Paese è famoso in questo settore (ne fa fede, uno per tutto, il gigantesco Salone del Mobile di Milano) tanto che le tre “effe” sono la carta d’identità dell’export italiano: food, fashion and forniture: cibo, moda e – appunto – mobili. Allora perché – si chiede Pincin- gli operatori italiani devono rinunciare a questa parte di valore aggiunto? Per contrastare questa diseconomia, nella zona è nata la filiera Legno Servizi Forestry Cluster FVG, per valorizzare una risorsa largamente presente nelle montagne del Friuli Venezia Giulia, ma scarsamente utilizzata. Il 41 % della superficie regionale è occupata da boschi, in piccola parte in pianura (7%) ed in gran parte in zona montana (93%) per un’estensione di 324.000 ettari. L’obiettivo è uno sviluppo sostenibile, cioè -come scrisse la Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo- “che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri; che coniughi l’integrità ambientale, il benessere sociale, la resilienza economica e la buona capacità di governo”, come richiedono gli Obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Uniti. A Paluzza il cantiere è aperto.
Lisa Bellocchi