Rivalutare Donizetti, tra l’Elisir e il Requiem

A 225 anni dalla morte, è giusto ricordare questo prolifico compositore che, dimenticato o quasi, oggi, dovette in vita, farsi rispettare dai due giganti a lui contemporanei che furono Gioachino Rossini e Vincenzo Bellini. Introduzione doverosa per il bergamasco Gaetano Donizetti (1797 -come F. Schubert – 1848), il quale dovette ricavarsi con la velocità d’invenzione e l’uso dell’armonia e della strumentazione consueta a quel tempo, un’attività frenetica in teatro, per non essere emarginato. Con le sue 74 opere, seguite da cantate, inni, melodie a più voci, sinfonie; nonché parecchia musica religiosa, fu lo spirito vivente dell’operismo ottocentesco italiano.
Il sacrificio, l’espiazione e sublimazione della passione amorosa, o la rinuncia ad essa, che conduceva il protagonista alla resurrezione, sono trama ed ordito di opere come Favorita o Lucia di Lammermoor, nelle quali si evince l’innalzarsi del “sentimento”, sino all’“empatia tragica”. Talvolta una sorta di beatitudine, di purezza e ritrovata consolazione, traspaiono dalle melodie intonate, nella “Morte di Edgardo” nella Lucia, nello “Spirito gentile” di Favorita, nel “Cercherò lontana terra” del Don Pasquale e nell’accorata “Una furtiva lagrima” dall’Elisir d’amore.

Tutto ciò nonostante a quel tempo il teatro fosse una vera e propria industria che pretendeva dai compositori, un forte impegno professionale. L’Elisir d’amore rimane forse la più rappresentata opera del Maestro che, oltre al Bellini, dovette convivere anche con Giovanni Pacini, il quale produsse ben 90 titoli, e con Saverio Mercadante che ne realizzò una sessantina.
L’Elisir, che vede l’inserimento di pagine patetiche e sentimentali – come per il Don Pasquale – è un’opera “buffa”, sulla falsa riga di quelle rappresentate nel secolo precedente: il ‘700. Mentre tutti gli operisti a lui coevi iniziarono la carriera componendo opere a carattere “serio”, Donizetti partì dal genere buffo-farsesco; se ne riscontra l’esempio nella spiritosa e comica opera “Il Campanello dello speziale”, della quale scrisse di suo pugno anche il libretto, come fu poi, per la Betley o la campana svizzera. Donizetti, nel 1815, viene invitato da Simone Mayr, suo Maestro, a frequentare il Liceo Filarmonico di Bologna, sotto la guida del maestro Mattei. Mentre apprendeva nozioni musicali con questo Padre Stanislao Mattei, Donizetti tenne la sua abitazione in via de’ Pepoli 1, a Bologna, dal 1815 al 1817. Una lapide a ricordo ne accerta la permanenza.
Considerato un epigono di Rossini, si fà apprezzare a Venezia con un’opera semiseria, l’Enrico di Borgogna. La maturità artistica tocca l’apice nel 1830, con Anna Bolena ed era stata anticipata da 2 titoli dei quali ricorre il bicentenario della stesura: Zoraide ed il Pirata. A soli 5 anni dalla clamorosa affermazione di popolo e critica, Donizetti si reca a Napoli, per mettersi alla guida dei Regi Teatri, ma una serie di lutti lo colpiscono. Il padre, la madre e la moglie muoiono tutti a distanza di pochi mesi gli uni dagli altri. Questa critica situazione mina il Maestro, che già avvertiva i primi segnali di quella malattia che gli sarà fatale, nel 1848, un anno dopo il suo ritorno nella sua città natale.
Recatosi nella grande Parigi, per incontrare i pubblici dell’Opèra e dell’Opèra Comique, Donizetti vive dal 1839 al 1845 (data del suo ritorno in Francia) in soggiorno tra l’Italia e l’Austria. Milano, Roma e Vienna lo accolgono trionfante. Tornato a Parigi, viene colpito da una paralisi e viene ricoverato in un centro per malattie mentali. Con l’avvento delle opere di Verdi, Gaetano Donizetti passò in secondo piano; vi rimase dalla seconda metà dell’800 al 1940.
Sicuramente stupide le ragioni che lo emarginarono. I critici rimasero inondati dalla forma “marcettara” e militarista di Verdi e preferirono quindi accantonare il pensiero “ancora intriso d’arte pura” del Donizetti. Per questo motivo ed al fine di veder ricollocata l’arte di questo Maestro nel posto che ad Essa spetta, si invita il lettore all’ascolto del “Requiem” di Donizetti, scritto per la morte dell’amico Vincenzo Bellini, nel 1835. Questa creazione, di estrema castità, nulla ha a che vedere con il prorompente Requiem di Giuseppe Verdi, composto in suffragio di Alessandro Manzoni.
Mirella Golinelli
https://youtu.be/Nlq9lJRElBk (Verdi)
https://youtu.be/S9CodeK4swI – (Donizetti)da confrontare con quella diretta da Francesco Molinari – Pradelli https://youtu.be/Ot4UWMarg5A (Donizetti)