“Reggio Ricama” e il fascino di “dipingere” con l’ago

Dal punto ombra al Gobeline, dallo smerlo al punto Medici, dal nodino al punto risparmiato: una girandola di tecniche e di sfumature cromatiche alla mostra che “Reggio Ricama” ha organizzato per festeggiare i 35 anni della propria storia. Nelle storiche sale di Palazzo Scaruffi sono stati esposti (inizialmente, purtroppo, per pochissimi giorni, poi con un opportuno prolungamento visto il successo) 400 capolavori dell’arte dell’ago. Un’occasione imperdibile perché normalmente i tesori sono celati nelle case o negli armadi delle singole artefici.

In mostra soltanto il meglio di quanto prodotto dalle socie dell’associazione. Reggio Emilia – commenta soddisfatta la presidente Sandra Cosmi – ridiventa, di fatto, la Capitale Italiana del ricamo a mano, per questa mostra che si può considerare la più significativa esposizione di ricami moderni realizzata nell’ultimo mezzo secolo in Italia.

Grazie all’appoggio del Comune di Reggio Emilia e alla passione di una ventina di signore, nel 1990 nacque questo circolo culturale, che ha avuto come primo pregio quello di riaccendere i riflettori su un’arte tradizionale che stava scomparendo. Così ogni anno sono stati organizzati corsi per principianti e per persone che desideravano perfezionarsi. Ognuno, della durata di 30 ore, raggruppa al massimo 10 “allieve” che si ritrovano una volta alla settimana per due ore e mezzo. Le tecniche sono proposte alle alunne in modo progressivo, dalle più semplici fino a quelle molto complesse. Con il tempo, molte alunne sono diventate a loro volta maestre. Nei decenni, sono migliaia le persone che hanno appreso a maneggiare l’ago come un raffinato pennello.

Molte tecniche di ricamo si rifanno, nel nome, alle zone in cui si sono tradizionalmente sviluppate: lo sfilato siciliano, ad esempio, o il punto Assisi. Alcuni furono alla base di vere e proprie “Ars” e vantano corpose bibliografie, che ne testimoniano gli esordi più o meno ai tempi della diffusione dell’Art & Craft britannico: l’Aemilia Ars a Bologna, la Bizantina Ars a Ravenna. Poi c’è l’Ars Canusina, in memoria di Matilde di Canossa, con una storia ancora più incisiva. La pensò, negli Anni Venti dello scorso secolo, il medico psichiatra Maria Bertolani Del Rio (una doppia rarità per quei tempi: una donna medico, e per di più psichiatra!) che lo applicò come “ergoterapia” per i ragazzi disabili psichici ricoverati nell’allora famoso “Istituto psichiatrico San Lazzaro” di Reggio Emilia. Lo stile originale dell’Ars Canusina rende ancor oggi questi ricami perfettamente riconoscibili e ricercati. Maria Bertolani Del Rio regalò il marchio al Comune di Casina, che ancora lo concede ad artigiani meritevoli. Nei decenni, Reggio Ricama ne è stata la testimone più efficace.

Il ricordo di quella lontana genesi socioeducativa ha forse contribuito a spingere le socie di Reggio Ricama ad un equivalente impegno dei giorni nostri: ricamare assieme agli anziani ospiti di alcune residenze sanitarie assistite.

Nel tempo, Reggio Ricama ha dato vita anche ad alcuni progetti speciali, che hanno dato fama in tutt’Italia, come quelli delle tovaglie per gli altari di San Pietro in Vaticano.
Grazie alla collaborazione liturgica ed iconografica di mons Tiziano Ghirelli, sacerdote reggiano da alcuni anni Canonico Capitolare di San Pietro in Vaticano, nel 2019 le artiste reggiane regalarono a Papa Francesco una tovaglia artistica per l’altare di Casa Santa Marta.

Nel 2022 la relazione si ampliò ed iniziò la realizzazione delle “tovaglie delle 3 P: la “tovaglia del Pescatore”, elaborata per l’Altare di San Giuseppe della Basilica pontificia nel 2022; la “tovaglia del Perdono”, per l’altare della Cattedra, nel 2024. Attualmente gli aghi reggiani lavorano su un quarto capolavoro: la tovaglia della Promessa, un firmamento di punti, che da un sole centrale esploderà in 3010 stelle, tante quante sono le diocesi cattoliche nel mondo.
Lisa Bellocchi