Per Niki e Jean l’arte è XXL
Due grandi artisti del XX secolo, due mostre in contemporanea nella stessa città. In questi mesi Milano ospita le mostre dedicate a Niki de Saint Phalle (al Mudec, fino al 16 febbraio 2025) e a Jean Tinguely (al Pirelli HangarBicocca, fino al 2 febbraio 2025). Di lei, artista franco-americana, sono famose soprattutto le grandi “Nana” colorate (simboli di una società matriarcale), oltre allo spettacolare “Giardino dei Tarocchi” di Capalbio; lui, scultore svizzero, è uno dei massimi esponenti dell’arte cinetica.
“Donna e artista” (come amava definirsi), Niki de Saint Phalle è stata una delle protagoniste della scena artistica d’avanguardia degli anni Sessanta e Settanta in Europa e negli Stati Uniti: una delle poche donne capaci di affermarsi nel campo della scultura, per di più in forme “monumentali”. La mostra porta a Milano 110 sue opere, una decina delle quali di grandi dimensioni, affiancate da opere su carta e video, nonché alcuni abiti della Maison Dior, a ricordarne il passato di modella. È la prima volta che un grande museo civico italiano si occupa di lei, mettendone in luce i numerosi aspetti della personalità.
“L’artista – afferma la curatrice della mostra Lucia Pesapane – fa breccia perché la sua opera parla di libertà e di diritti e ci dimostra che ribellarsi è sano, necessario, indispensabile. La sua arte ci offre un rimedio possibile contro l’ingiustizia e un conforto: è una via verso la bellezza”.
Suddivisa in otto sezioni, la mostra racconta la carriera dell’artista: dagli esordi con le performance in cui spara contro un quadro-bersaglio, fino agli ultimi lavori; mettendo in luce anche il suo impegno sociale nei confronti delle minoranze e dei più fragili, le sue battaglie femministe ante litteram, il ruolo “politico” della sua arte. “Dopo aver sparato contro la pittura – spiega Pesapane – Niki si circonda di un’armata di Nana per creare una nuova società matriarcale. Le sue sculture scendono in piazza, ballano, accettano e amano le loro curve sexy e generose, sono libere”.
Sogna in grande “Niki”, e il suo progetto più grande la impegnerà per quasi vent’anni: è il “Giardino dei Tarocchi”, parco di 22 sculture monumentali, alcune delle quali abitabili, che si ispirano agli arcani maggiori dei Tarocchi; opere fantastiche dai mille colori, costruite in cemento armato e ricoperte da un mosaico di specchi, vetri e ceramiche. Il terreno su cui sorge venne donato dalla famiglia Caracciolo, ma per finanziare il cantiere Niki si fece imprenditrice, creando mobili, oggetti decorativi e perfino un profumo.
A questa impresa lavorò con la sua “famiglia allargata” di amici artisti; fra loro il marito Jean Tinguely, protagonista dell’altra mostra milanese, la più estesa retrospettiva realizzata in Italia dopo la scomparsa dell’artista. I 5.000 mq delle Navate di Pirelli HangarBicocca ospitano 40 lavori realizzati dagli anni Cinquanta agli anni Novanta, dando vita ad una coreografia sonora e visiva: come una performance, in cui a intervalli regolari le opere “si animano”, coinvolgendo lo spettatore/visitatore.
Il percorso espositivo si apre con due opere monumentali realizzate assemblando ruote, cinghie, motori elettrici e componenti meccaniche che rimandano alla catena di montaggio e in cui il rumore ha un ruolo fondamentale: opere che trovano un legame naturale con l’ampiezza dell’edificio ex industriale che le ospita.
Tinguely, considerato uno degli artisti più eversivi del secolo scorso, ha incentrato tutta la sua sperimentazione sul superamento della bidimensionalità, mettendo al centro del suo lavoro la macchina, con il suo funzionamento e movimento, i suoi rumori e suoni e la sua poesia intrinseca; l’artista utilizza oggetti di scarto, ingranaggi e altri materiali recuperati, che poi salda creando macchine rumorose e cacofoniche funzionanti, dotate di veri e propri motori: marchingegni assurdi e sorprendenti che liberano la macchina dalla “tirannia dell’utilità”.
A sottolineare il legame fra le due mostre, che ci fanno scoprire due artisti poco noti al grande pubblico, le parole di Lucia Pesapane, secondo cui Niki e Jean sono “i Bonny e Clyde dell’arte”. “La dualità e la complementarità tra i due si esprime attraverso l’accostamento di materiali diversi, di colori opposti, di forme asimmetriche ma che riescono a creare una polifonia sorprendente”.
Liliana Fabbri
Nell’immagine in alto, Niki de Saint Phalle, Il Giardino dei Tarocchi (1991) – Foto Ed Kessler