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“Le maschere” al tempo del Carnevale

N. 98- Marzo 2025

 

 

 

“Le maschere” al tempo del Carnevale

Andare a teatro non per moda ma per conoscenza delle vicende rappresentate, non interessa a tutti. Il teatro, la storia del costume, la librettistica, la musica… Sono un mondo dalle mille sfaccettature che ci impone di essere consapevoli e a conoscenza di cosa significa ambientazione storica. Essa ci forma anche nel discernimento e nella comprensione approfondita delle tematiche poste in musica dai più noti compositori che, in stretta collaborazione anche con l’allestimento costumistico, erano in grado – oggi mancano i compositori di opere liriche degne di nota – di riportare sulla scena (anche per mezzo della parte librettistica, il più delle volte tramandataci oralmente), fatti storici nella loro vera essenza e verità. L’opera lirica con i libretti a carattere storico (Puccini verrebbe considerato per la sola Tosca), gli allestimenti scenografico – storici inerenti studiati e il commento musicale sono l’unico collegamento con la storia antica di popoli, culture e nazioni oggi scomparsi. Per produrre opere affinché non disturbino anche la vista e trascendano dalla storicità effettiva, bisogna ritornare indietro nel tempo, quando anche i piccoli teatri, possedevano un guardaroba costumi. I cantanti lirici più affermati vantavano abiti propri per i titoli che avevano in repertorio, cuciti a mano e su misura. Ogni volta che si rappresentava un titolo, vi erano gli abiti adatti che, inseriti nella cornice storica voluta dal librettista ed esplicata sul libretto, davano vita ad un fatto ben collocato e veridico che definiva una precisa epoca documentata e lì rievocata. Oggi l’opera lirica – vuoi per una miriade di ragioni – non sortisce più l’efficacia che aveva un tempo, dagli albori della Camerata dei Bardi al verismo, la cui nascita è contesa tra Verdi e Bizet. Molte volte il minimalismo scenico (che diventa inadeguato e provoca uno sbilanciamento storico al ribasso per limitare i costi degli apparati scenici che lievitano) viene sopperito utilizzando spazi non consoni all’ adattamento rispettoso, che trascinano nella noia l’ascoltatore. Il mondo internet, con le sue innumerevoli proposte fa poi il resto. Non meno importante però è l’esagerato costo dei biglietti al botteghino. Certamente ha il suo peso e se aggiungiamo che alla professionalità si contrappone molte volte solo la volontà amatoriale – pur sì volenterosa ma sempre dilettantesca, – alla fine si assiste a rappresentazioni di poca qualità per cui il prezzo del biglietto è gonfiato.

Quello che giunge a noi dal teatro greco antico è la maschera.

Ogni attore allora e indipendentemente dal ruolo scenico interpretato, la indossava per coprirsi il volto ed entrare nel personaggio. I teatri greci all’aperto abbisognavano quindi di maschere, i cui tratti dovevano esser ben visibili da lontano e identificabili in quel preciso personaggio. Poca quindi l’importanza data all’attore il cui volto era appunto celato da una maschera che amplificava il volume sonoro della recitazione, rimbombando all’interno. Nel momento nel quale le cosiddette tradizioni medievali accolgono le produzioni popolari giunte dal teatro romano, prendono vita le maschere della Commedia dell’arte: calchi di gesso fatti colare sul volto dei cadaveri per ottenere il ritratto, nel quale venivano evidenziate le brutture della fisionomia. Pare che la maschera antigas si ispiri proprio a questa matrice, avendo in più un filtro per depurare l’aria dal gas. La Commedia dell’arte è quella nella quale con il solo canovaccio o scenario, gli attori improvvisavano sul palcoscenico. L’ultimo compositore “divo” https://it.wikipedia.org/wiki/Divo

appartenente alla corrente verista fu il superbo Pietro Mascagni. Il 17 maggio 1890, decreta l’immortalità e l’indescrivibile modernità della sua opera Cavalleria Rusticana. Nel 1897 coopera con Luigi Illica alla stesura di Iris, commissionata da Giulio Ricordi, poi intrecciandosi con la Casa Sonzognoproduce Le maschere, che compone nel 1900 e vanno in scena nel 1901. Fu un non-trionfo moltiplicato per ben sei volte, tanti erano i teatri che la rappresentavano contemporaneamente: Il Costanzi di Roma, il Filarmonico di Verona, il Regio di Torino, La Fenice di Venezia, la Scala di Milano e il Carlo Felice di Genova.

Pietro Mascagni

La musica di Mascagni, si arricchisce, dopo il soggiorno a Firenze, di una ricerca del modo di cantare madrigalistico e stornellatore che si ritrova nei modi popolare e colto del canto italiano. Questo spunto approfondito sarà di base, dopo lo scalpore del Guglielmo Ratcliff, all’opera buffa in un prologo e tre atti Le Maschere con i personaggi della Commedia dell’Arte: Rosaura, Arlecchino, Colombina, Capitan Spaventa, Brighella, dottor Graziano, Pantalone, Florindo, Tartaglia e Giocadio. È una commedia lirica spiritosa, questa. Mascagni nacque a Livorno nel 1863 e morì a Roma nel 1945. Fu un grande improvvisatore ma subì l’impatto della Prima Guerra Mondiale esprimendosi con questa frase: “La guerra ci porta indietro di secoli. Ci fa ripercorrere a ritroso il cammino della società. Anche politicamente; le più ardite concezioni sociali, le conquiste dell’internazionalismo, e del socialismo, dove sono andate a finire? Tutto è sommerso, scomparso. Io credo che nessuna altra guerra abbia generato tanto odio quanto questa”. Dopo la morte di Puccini nel 1924, Mascagni è il più importante compositore italiano. Nel 1942, con il suo prestigio, dialogò con Papa Pio XII. Nel 1944, parlando alla radio, ringraziò il Papa che gli aveva fatto gli auguri di compleanno e sperò che l’infallibilità del Pontefice fosse luce di pace e giustizia. Spirò il 2 agosto 1945 alle 7.15 del mattino. Il teatro lirico, cullato in quell’epoca letteraria verista nella quale si amalgamò (e al cui padre, Giovanni Verga, si affiancarono anche Renato Fucini, Mario Pratesi, l’indimenticabile Edmondo de Amicis e una gloria femminile vincitrice del Nobel per la letteratura, Grazia Deledda), riacquistò finalmente con Mascagni, la credibilità svanita.

Le Maschere, https://youtu.be/quV2dp6BV8A?si=u0Eld-BHUUhXTIgX furono una riapparizione dell’epoca settecentesca. Il favoloso rientro della Commedia dell’arte, grazie all’intuizione mascagnana, tornò a essere traino per i musicisti, come Richard Strauss, che compose nel 1912 l’opera Arianna https://youtu.be/ejAgjYgUQGo?si=-TnznO4t3HynyWvP

Ferruccio Busoni propose nel 1917 Arlecchino https://youtu.be/t34mndg-s5I?si=hiWTrvKjoa7F0m8Te nel 1919 si assistette al Pulcinella  https://youtu.be/t34mndg-s5I?si=Cb9Hy9UCLQGjtLFEdi Stravinsky.

Ricordiamo che Illica, dopo le sei contemporanee rappresentazioni de Le Maschere, che raccolsero solo applausi di propensione a Mascagni che dirigeva sul podio del Costanzi, scrisse a Pietro: “Sei fiaschi rasentano il successo. Consoliamoci”. E così fu.

Mirella Golinelli

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