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Lavinia Fontana, la prima “pittoressa”

N. 94- Novembre 2024

 

 

 

 

Lavinia Fontana, la prima “pittoressa”

Lavinia Fontana nacque a Bologna il 24 agosto 1552, sotto una buona stella per apprendere nell’abitazione di via Galliera le tecniche del lavoro artistico del padre Prospero e avere famigliarità coi libri, grazie alla madre Antonia Bonardi. Le voci dedicate a Lavinia Fontana nei repertori elencano copiosamente i primati della ‘pittora’ in un’epoca in cui alle donne non era concessa la formazione ‘professionale’ come agli uomini che potevano frequentare le scuole o le botteghe di altri affermati artisti. Nonostante i vari saggi, cataloghi di mostre e la notevole fama internazionale della pittrice, celebrata lo scorso anno a Dublino con la mostra Lavinia Fontana: Trailblazer, Rule Breaker, mancava un libro concepito per i ragazzi.

Il vuoto è stato felicemente colmato da Minerva con la recente pubblicazione, nella collana ‘Fatterelli bolognesi’ (n. 29), della biografia di Paola Goretti – che interpreta in prima persona l’artista: Io, Lavinia la prima pittoressa – corredata delle illustrazioni di Carlotta Passarini.                                                                                                La casa di Prospero Fontana è un «viavai di incontri» e – nel contesto brulicante bolognese in cui spiccano: il naturalista Ulisse Aldrovandi, il pittore Bartolomeo Passerotti, il cantastorie Giulio Cesare Croce, Giambologna e i tre Carracci – appare, agli occhi della piccola, come «un emporio di favole». La famiglia era altresì in ottimi rapporti con quella dei Boncompagni; Lavinia, che sentiva l’attrazione per le vesti fastose e le perle, aveva vent’anni quando Ugo fu eletto papa col nome di Gregorio XIII.                                                                                                                             

L’Autoritratto alla spinetta, pettinata e composta, risale al 1577, l’anno del matrimonio con un giovane imolese: Giovan Paolo, secondogenito di Severo Zappi, che accettò di venire ad abitare in via Galliera: «un alleato perfetto!», come attesta un lustro dopo la decisione del Consiglio cittadino di Imola di affidarle la commissione di una pala d’altare per il Palazzo pubblico. La Madonna di Ponte Santo adorata da san Cassiano e san Pier Crisologo reca la firma «Lavinia Fontana de Zappis faciebat MDLXXXIV». Il ritorno della pala a Imola, dopo i prestiti per mostre in varie città, sarà festeggiato al Museo san Domenico domenica 24 novembre con un evento speciale per le famiglie.

La firma con la stessa data riappare sul dipinto di famiglia commissionato da Laudomia Gozzadini per ricordare la sorella Ginevra (morta da quattro anni): «Io misi insieme tutti, vivi e morti. Uniti in un unico abbraccio». Un montaggio scenico, con scorci di prospettiva, davvero straordinario. Nel 1584 Laudomia era pure il nome dell’unica bimba, accanto ai due fratellini, di Lavinia che dipingeva indefessamente, trasformando in energia positiva il dolore della perdita di ben sette ‘angeli’. Sette figli perse anche il cantastorie Giulio Cesare Croce, che la celebrò «alta pittrice» ne La gloria delle donne (1590): 
E nel ritrar sì rara, e diligente,
che non hà pari in queste parti, ò in quelle
tal ch’ormai rissonar s’ode il suo nome, 
per tutto dove il Sol spiega le chiome.

 Lavinia, nata nel giorno di san Bartolomeo – contrassegnato dal segno della Vergine di cui mostra presto le caratteristiche nell’essere «metodica, analitica, perfezionista, col gusto dei dettagli» – è contesa dalla «blasonata clientela», non solo bolognese; come mostra il suo trasferimento con la famiglia nel 1603 a Roma, ove concluderà la sua esistenza l’undici agosto 1614. L’ultimo suo dipinto Minerva in atto di abbigliarsi affascina tuttora i visitatori della Galleria Borghese.

Domenica 10 novembre nell’aula didattica della Pinacoteca nazionale di Bologna ha avuto luogo la prima presentazione del libro, condotta da cinque donne bolognesi. La storica dell’arte Mirella Cavalli, dopo aver affermato che la Pinacoteca conserva sette dipinti di Lavinia Fontana, ha espresso viva soddisfazione nel notare che ben quattro sono pubblicati nel libro illustrato. Silvia Battistini, direttrice dei Musei civici d’arte antica, si è soffermata sul dipinto Giuditta con la testa di Oloferne, conservato al Museo Davia Bargellini, che colpisce per la luce dei gioielli e la leggerezza delle vesti. Ha definito Lavinia quale ‘ambasciatrice di sè stessa’, con la capacità di veicolare la propria immagine attraverso la rispettabilità, ed anche ‘ambasciatrice dei nostri musei’; il dipinto infatti ha recentemente viaggiato a Dublino, a Madrid, a Copenaghen; la circolazione delle opere in contesti diversi, oltre alla divulgazione, stimola sovente nuove prospettive di ricerca. Tiziana Roversi, direttrice della collana ‘Fatterelli bolognesi’ giunta al trentesimo numero, dopo aver precisato che fatterelli va inteso come vezzeggiativo e bolognesi non va interpretato in senso localistico, ha espresso la felicità per la buona riuscita del libro, frutto dell’alchimia meravigliosa di Carlotta Passarini che si è posta al servizio sia della parola competente e poetica di Paola Goretti sia di Lavinia. L’architetta Passarini, a seguito dei frequenti incontri con Tiziana e Paola, ha illustrato la scelta di un linguaggio grafico astratto per lasciare spazio al colore dei quindici quadri selezionati. Infine, Paola Goretti ha ribadito la grandezza di Lavinia, già soggetto della sua tesi di laurea, e il suo proposito di raccontarla felice e in maniera dolce – come madre, moglie e artista – alle nuove generazioni. Prima della visita animata, riservata alle famiglie con bambini, ha concluso l’intervento ricordando l’importanza del numero Undici: 

Come i figli che il ciel m’avrebbe dato.
Undici, numero sghembo, vagabondo, dispari.
Per me divino e misterioso
ricco di doni, stelle, meraviglie.

Rosaria Campioni

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