La Sacra di San Michele, un’abbazia costruita vicino al cielo
Prima tappa sul suolo italiano dell’antica via Francigena, la Sacra di San Michele domina tutta la vallata dall’alto della cima del monte Pirchiriano, dove da oltre mille anni si erge a sentinella al confine tra la Alpi Cozie e l’inizio della Pianura Padana. È impossibile percorrere la Val di Susa senza notare la maestosa costruzione stagliata nel cielo, che per secoli è stata punto di riferimento per i viaggiatori e i pellegrini che dal Nord Europa andavano a Roma e a Gerusalemme.
Ciò che colpisce è l’audacia della costruzione, il solo pensiero di realizzarla deve essere stato spinto da una forza che poteva derivare sollo dalla fede, al punto che la leggenda dice che siano stati gli angeli a ispirare la sua edificazione in questo luogo. Certo la sola idea di costruire un edificio, per di più di questa imponenza, sulla punta estrema di un monte, ha del prodigioso.
L’origine di quella che viene chiamata anche Abbazia di san Michele della Chiusa risale a prima dell’anno Mille (983-987) e la fondazione viene attribuita a san Giovanni Vincenzo, già arcivescovo di Ravenna, che in queste zone si era ritirato a vita eremitica.
La consacrazione a san Michele Arcangelo si inserisce nella tradizione delle chiese dedicate a colui che la tradizione cristiana vuole sia stato il comandante delle schiere celesti nella guerra tra il Bene e il Male, che tanto affascinò i popoli guerrieri dell’Alto Medioevo, primi tra tutti i Longobardi che qui governarono tra il VI e l’VIII secolo. Il culto di san Michele in quel periodo univa tutta l’Europa e l’Oriente: l’abbazia infatti si trova al centro geografico e spirituale di quella che viene chiamata la linea micaelica, una linea retta che unisce chiese dedicate a san Michele, sorte tutte prima dell’anno Mille, che parte da Skelling Michael in Irlanda, prosegue per St. Michael’s Mount in Cornovaglia (Gran Bretagna), Mont Saint Michel sulle coste della Normandia (Francia), la Sacra di San Michele in Piemonte, il Santuario di Monte Sant’Angelo in Puglia, il Monastero di San Michele nell’isola greca di Symi e il Monastero del Monte Carmelo in Israele.
Il complesso monumentale della Sacra di San Michele si presenta al visitatore odierno come una maestosa costruzione che avvolge la roccia e si integra con essa, al punto da sembrare quasi che le possenti mura vogliano proteggere la montagna “abbracciandola” fino alla cima sul cui vertice poggia una delle colonne della chiesa. Lo spuntone di roccia che affiora dal pavimento è contrassegnato con la scritta “Vetta Monte Pirchiriano – culmine vertiginosamente santo – mt. 962 s.l.m.”.
La struttura principale dell’Abbazia si è sviluppata tra il X e XII secolo e, oggi come ieri, la sua imponenza resta intatta nonostante le devastazioni portate dai signori della guerra, che nel conflitto franco-savoiardo a cavallo tra il 1500 e il 1600 hanno semidistrutto il cosiddetto monastero nuovo (del XII secolo) di cui sono rimasti solo massicci ruderi, con mura, contrafforti e archi, buoni testimoni delle grandi capacità dei costruttori.
A noi sono arrivati integri la chiesa e il primo monastero, che fin dall’ingresso rendono conto delle difficoltà e delle geniali soluzioni escogitate dai maestri d’opera: la facciata e il portone si trovano in pratica sotto l’abside. Infatti, se comunemente nelle chiese la facciata e il portale sono localizzati frontalmente rispetto all’abside, la facciata della Sacra per adattarsi alla roccia, si trova invece nel piano sotto il pavimento dell’altare maggiore, ed è sovrastata dall’abside rivolto verso la Pianura Padana.
Una volta entrati, si sale la ripida e ardita Scalinata dei Morti scavata nella roccia e, passando sotto una serie archi rampanti, si arriva al Portale dello Zodiaco, simbolo del passaggio dalla terra al cielo, così chiamato perché il suoi stipiti sono decorati con i segni zodiacali e le costellazioni. Da qui si entra nella chiesa vera e propria, che presenta una fusione di stili tra il romanico e il gotico, con affreschi realizzati prevalentemente nel XVI secolo. All’interno dell’Abbazia si trova anche una biblioteca con diecimila volumi, le antiche sale di Casa Savoia, la torre della Bell’Alda, una torre di venti metri di altezza cui è legata una antica leggenda di una sfortunata fanciulla.
Una curiosità: sembra che la mole della Sacra abbia ispirato lo scrittore Umberto Eco per la grande abbazia descritta nel romanzo Il nome della rosa. Lo stesso Eco ha raccontato che il regista del film tratto dal suo libro rinunciò a girare in questo luogo perché troppo impervio, con costi troppo alti. Una conferma dell’audacia e dell’abilità dei primi costruttori.
Giuseppe Di Paolo