Il paradosso di Cigliano
“Di fronte al succedersi di stagioni siccitose è necessario definire un Piano Idrico Nazionale nel rispetto delle priorità indicate dalla sempre più disattesa Legge 152: dopo quello potabile, per l’acqua viene l’uso agricolo, cioè la produzione di cibo e poi via via tutti gli altri utilizzi”: a chiederlo è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), intervenuto al convegno conclusivo delle celebrazioni per il Centenario della moderna Bonifica, presenti il Vicepresidente del Consiglio e Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini, insieme al collega Gilberto Pichetto Fratin, responsabile del Dicastero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, al Sottosegretario del M.A.S.A.F., Luigi D’Eramo ed al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Alessandro Morelli.
Sede dell’evento “da tutto esaurito” è stato il Teatro Civico di Vercelli, nella cui provincia insiste il comune di Cigliano, che ANBI ha eretto ad emblema di una Giornata Mondiale dell’Acqua particolarmente complessa nel Nord Italia.
Cigliano è un’enclave ortofrutticola del Canavese in un’area tradizionalmente risicola; lì sorge un pianoro alto una quarantina di metri, su cui sono coltivati circa 1700 ettari, irrigati grazie all’azione di un elevatore idraulico, operante senza ausilio di energia elettrica, ma grazie all’aiuto della fisica e dell’ingegno umano. Era il 1876, quando don Evasio Ferraris convinse gli agricoltori del posto a riunirsi in consorzio irriguo per realizzare un impianto funzionante grazie al principio dei vasi comunicanti: dal canale d’Ivrea, che corre più alto del piano campagna, viene fatta precipitare l’acqua, che risale in una condotta parallela, dove riceve lo spunto finale per raggiungere la sommità dell’altura, grazie alla propulsione di una turbina azionata solo dalla portata del vicino canale Depretis. Questo efficiente quanto elementare sistema idraulico rischia però oggi di essere pregiudicato dalla diminuita portata del canale adduttore, costringendo gli odierni agricoltori a chiederne l’elettrificazione, pena la crisi del sistema irriguo.
Il “paradosso di Cigliano”, su cui ANBI vuole richiamare l’attenzione, è come la siccità stia mettendo in crisi anche un impianto ad “impatto zero”, pregiudicando la compatibilità fra sostenibilità economica ed ambientale.
“D’altronde quest’anno – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – saranno almeno 8000 gli ettari a riso non coltivati per le incertezze sulla disponibilità idrica in un Paese, però, dove annualmente circa 270 miliardi di metri cubi d’acqua terminano inutilizzati in mare. Piano Laghetti ed innovazione irrigua sono le soluzioni indicate dai Consorzi di bonifica ed irrigazione a contrasto della crisi climatica. Alla politica chiediamo determinazione per scelte non più rinviabili; per essere pronti a rispondere alle nuove sfide, ANBI ha chiesto aiuto ad esperti di 14 Università italiane ed insieme abbiamo disegnato i nuovi indirizzi della Bonifica, mettendoli a disposizione del Paese, perché, come insegna il filosofo-sociologo, Edgar Morin, “ciò che non si rigenera, degenera” e noi siamo ancora una volta a disposizione del Paese e pronti ad assumerci le nostre responsabilità nella sfida di futuro costituita dalle azioni di contrasto alle conseguenze dei cambiamenti climatici, dissesto idrogeologico e siccità”.