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Gli enigmi di Castel del Monte

N. 87- Marzo 2024

 

 

 

Gli enigmi di Castel del Monte

Visito Castel del Monte una mattina di settembre, nei pressi dell’equinozio (ci butto dentro d’emblée un etto di esoterismo). Confermo il luogo comune che la costruzione sia ad impatto magico. Quella specie di corona regale buttata su un prato trasporta subito in una dimensione di confine: semplicità/eleganza, fascino/elementarità, materia ignuda/trampolino per lo spirito.

Salgo tra olivi che cooperano a un mare d’argento, festeggiato tutt’intorno dai fuochi d’artificio degli oleandri. Avverto l’alitosi nucleare del sole. La collina che solleva il maniero è a tronco di cono.

Il castello pare un grosso ragno senape, pronto a balzare con le 8 zampe su una preda. Oppure sembra un ingranaggio dismesso (dismesso? Magari è una grande rotella che fa girare l’Universo). Oppure ricorda il tappo della benzina (perso dal SUV di Fred Flinstone?). Oppure somiglia a quei bulloni da svitare con apposita chiave quando si buca una gomma. O ancora è un gigantesco cristallo di neve ingiallito. Red Ronnie lo assimilerebbe a un interruttore on/off: con uno scatto a destra gli alieni possono scendere sulla Terra, pensione completa all’hotel Apulia; con uno scatto a sinistra parte la gita guidata all’oltremondo, che poi in due giorni lo vedi tutto.

Però c’è aria d’incanto: la pietra calcarea, tagliata liscia, manda bagliori di diamante, lamine tirate al cielo. E, guardati da vicino, i mattoni mostrano brecce coralline che sembrano coaguli di sangue. Con la sua solitudine il castello esprime l’orgoglio della libertà, la stranezza pionieristica, la lucentezza di un originale.

Architetti/astrofisici/crittografi/cosmologi/matematici e, perché no, esorbitanti esoteristi hanno discettato delle particolarità del castello. Vorrei parlarne anch’io, ma dico subito che non voglio cadere nell’effetto Dunning-Kruger, distorsione cognitiva per cui individui poco esperti sovrastimano la propria competenza e si mettono a pontificare. Non ho consapevolezze sufficienti per decodificare i “segreti” di Castel del Monte/non sono specializzato in meccaniche celesti/non sono un fan sfegatato dell’ideatore Federico II (anche se ho portato un giglio sulla sua tomba nella cattedrale di Palermo). Non vi venderò pertanto ragù esoterico. Mi limiterò a un elenco di dati e di brevi pensieri.

Il castello è maniacalmente eretto con obbedienza al numero 8. È un blocco ottagonale. Ai suoi angoli sorgono 8 torri ottagonali, che hanno sei lati esterni e due inclusi nelle mura. Si contano 8 facciate del corpo centrale accompagnate da 48 facciate delle torri (sei per ciascuna). 56 facciate in tutto: l’8 si ripete per 7, numero della compiutezza perfetta (7 giorni della settimana, 7 giorni della creazione, 7 pianeti del sistema solare, 7 note musicali, 7 chakra, 7 chiese nell’Apocalisse, 7 Cieli creati da Dio nel Corano ecc. ecc.). 56 sono gli anni che Federico trascorre sulla Terra, dal 1194 al 1250: qualcuno legge nella coincidenza dei 56 un oroscopo di pietra edificato a gloria e monito dell’imperatore (la vecchia legge dell’impero romano proibisce di calcolare l’oroscopo del sovrano).

Ogni torre ha diametro di 8 metri ed è alta 24,40, che è divisibile per 8. Il diametro massimo del castello, da spigolo esterno di torre a spigolo della torre opposta, ripropone nella metratura il 56. Il cortile interno, scoperto, ha 8 lati di 8 metri ciascuno. Nel centro del cortile è posto un fonte battesimale che, come tutti i battisteri o le vasche da battesimo, è ottagonale. 8 stanze conformano il piano inferiore e 8 quello superiore.

Intermezzo stupid8: nella seconda stanza del secondo piano, nel 1241, vengo iniziato Cavaliere di Oriente e Occidente. 8 Maestri mi circondano e tra di loro spicca la gemma imperiale, Federico, biondo limone. Sono scalzo, a torso nudo, col collo stretto da un nodo scorsoio. Mi chiedono di pronunciare una sequenza in cui appaiano, tra le altre, 8 parole contenenti la dicitura 8. Declamo, in idioma volgare: -Io non sono big8. Io non vengo corr8, nemmeno da una busta s8banco. Io sono positivamente ri8so e non cedo al bisogno ind8. Io non sono ed8 perché più uno è d8 e più è cretin8-

Piuttosto che affermare che cosa sia Castel del Monte è più facile asserire che cosa esso non sia. Il maniero non è roccaforte da difesa visto che mancano i tipici elementi militari: fossato, ponte levatoio, caditoie per olio bollente e proiettili di pietra, postazioni per archi e balestre. Le feritoie sono troppo strette e adatte soltanto per illuminare gli ambienti. Non ci sono alloggi per la guarnigione, stalle, scuderie, depositi per le derrate alimentari. Le scale a chiocciola nelle torri sono costruite in verso antiorario e inidonee ad opporsi a un attacco (per combattere con scudo nel braccio sinistro e spada nella mano destra, è meglio scendere i gradini in senso orario). Le finestre sono grandi e vulnerabili in caso di assedio con catapulte.

Il castello non è dimora per un soggiorno di ristoro: sono assenti sale da pranzo, saloni da ricevimento, camere da letto.

Il castello non è una residenza per arte venatoria: la caccia col falcone, di cui Federico è appassionato, si pratica solo in territori ampi e liberi da ostacoli, per consentire al rapace di puntare la preda. All’epoca dell’edificazione il maniero è in mezzo a un folto bosco.

Qualcuno dice che Castel del Monte sia un grande hammam, con scanalature che portano acque fumanti nelle stanze superiori.

Qualcuno narra che all’aurora, nella stanza più a est, Federico si sieda su un trono di pietra. Dalla bifora alle sue spalle il sole del mattino lo circonfonde con un nimbo di sublimità e lo trasfigura come il Cristo sul Tabor.

Fonti storiche documentano che il castello viene adibito a prigione da Manfredi, figlio di Federico, e poi, con una nemesi esemplare, sono i figli di Manfredi ad esservi incarcerati da Carlo I d’Angiò.

Intermezzo scem8: 8 anni dopo la prima iniziazione, nel 1249 vengo di nuovo iniziato, questa volta Cavaliere dell’ascia reale e principe del Libano. Nella quarta stanza 8 Maestri mi scrutano affiancati come calciatori in una barriera calcistica; tra loro Federico, il tedesco che si fa terrone (è impossibile il procedimento contrario, cioè un terrone che si faccia tedesco). Io ho ancora il tronco scoperto e la testa è cinta da una corona di mirto e rovo. Mi chiedono di pronunciare frasi in cui ci siano, tra le altre, 8 parole contenenti il vocabolo 8. Declamo, poeticamente: -Lancio al sole un giavell8 e lo schianto di b8. Nella notte color chin8, profumata dal giallo bergam8, bevo vino dall’acqued8. Mangio un gelato-bisc8, di cui sono ghi8. Poi mi metto ad assemblare i pezzi del sole r8-

Vincenzo Dell’Aere, storico e ricercatore, sostiene che, ai tempi del Federico-stella della Murgia, un percorso iniziatico è possibile dentro Castel del Monte. L’iniziando viene di sicuro immerso nel vascone battesimale, nelle lacrime di Allah, l’acqua piovana proveniente dalle cisterne pensili (va da sé che ogni battesimo dà origine a un Uomo Nuovo).

Il neofita entra nelle stanze a sinistra e nella seconda, la Stanza Araba, un Gran Maestro officia un rituale per poterlo ammettere al piano nobile. Sulla parete della camera è inciso un crittogramma che il Dell’Aere così decifra: Periculum Decede Peritis, cioè Dato il pericolo lascia il passo solo a chi sa (pertanto, un iniziando timoroso può ancora fare dietro-front). Salendo la scala ritorta l’adepto accede alla prima sala superiore, dove riceve da un Venerabile e dai suoi confratelli la prima vera iniziazione.

È probabile che, in tempi successivi, l’iniziato passi nella seconda stanza, poi nella terza, poi nella quarta ecc.: due porte collegano ogni stanza con l’antecedente e la seguente. Solo la prima e l’ottava camera non sono comunicanti tra loro e dunque hanno una porta sola. Ad ogni passaggio di sala l’affiliato si sottopone a un novello rito iniziatico: ogni camera può essere quindi assimilata a un tempietto differente in cui avvengono iniziazioni progressive.

Considerando, come appena detto, che ottava e prima stanza sono separate da un muro invalicabile, si può cavalcare l’astrazione che anche i templi finiscano e che allora il percorso iniziatico, comunque fortemente simbolico, debba continuare oltre le parole dei rituali ed oltre le strutture templari.

Le stanze, sia quelle sopra che quelle sotto, sono a forma di trapezio isoscele. Il problema della copertura è risolto scomponendo il trapezio in un quadrato centrale più due triangoli laterali. Il quadrato è protetto da una volta a crociera, mentre i triangoli sono sovrastati da due spicchi di volta a botte. Il Dell’Aere calcola che se moltiplichiamo il lato minore del trapezio per il numero aureo 1,618 otteniamo il lato maggiore. Se dividiamo lo stesso lato minore per la radice quadrata di 1,618, ovvero 1,272, acquisiamo la larghezza della sala.

^^^Siccome troppo esoterismo è tossico, apro qui soltanto una breve parentesi esoterica. Il numero d’oro (o proporzione divina) è appunto il numero (beatamente) irrazionale 1,618; matematicamente è il rapporto tra due lunghezze particolari e diseguali delle quali la maggiore, a, è medio proporzionale tra la minore, b, e la somma delle due (a + b). Insomma, se a e b si collegano “divinamente”, moltiplicando a x 1,618 si ottiene la lunghezza (a + b).

Il numero aureo è presente in natura (foglie, petali, conchiglie) e nell’anatomia animale e umana. Dall’ermetismo egiziaco viene considerato il sigillo della bellezza divina, impresso qua e là nell’Universo. Dai Faraoni in poi la proporzione è spesso usata in architettura (Fidia, Le Corbusier) e in arte (Leonardo, Velazquez, Seurat): in sostanza è la firma del Dio sulla produzione umana. (Non voglio pigliare in giro nessuno, ma applicazioni del numero d’oro sono ben elencate nel cartone della Disney “Paperino nel mondo della MateMagica”).

Da tempo mi piace credere che il numero aureo sia l’ingrediente miracoloso che determini la longevità delle opere. Sono “aurati/e” la Piramide di Cheope, il Partenone, le cattedrali gotiche francesi, il Duomo di Milano, il Palazzo della Signoria di Firenze, la Gioconda, la Venere botticelliana, il Sacramento dell’Ultima Cena di Dalì: tutti/e sopravvissuti/e al logoramento del tempo e all’idiozia belligerante dell’uomo. ^^^

Chiusa la parentesi, adesso ricopio da un opuscoletto acquistato alla biglietteria questa informazione: la planimetria di Castel del Monte nasce dall’intersezione di quattro rettangoli in proporzione aurea, cioè con il lato maggiore e quello minore nel rapporto di 1,618. I quattro rettangoli tracciano due ottagoni, uno interno ed uno esterno. I rettangoli aurei hanno un lato di 22 metri e l’altro di 35,60. Poiché nel 1200 il sistema metrico decimale non esiste, i 22 metri del lato minore corrispondono ai 40 cubiti sacri di cm 55 ciascuno (40 x 0,55 = 22), ossia la misura usata da Re Salomone per costruire il Tempio di Gerusalemme.

Lo so, con ‘sto numero d’oro ho già deteriorato la pazienza di chi legge. Però voglio riferire una scoperta che mi fa sorridere. Il suddetto opuscoletto ribadisce che l’altezza massima del Castello è di metri 24,40. Un rigonfiamento esterno, una lunga modanatura o “toro”, corre per tutto l’esterno dell’edificio e divide una parte inferiore di metri 12,95 da una superiore di 11,45. Mi gingillo con due calcoli e scovo che la prima misura è il numero d’oro moltiplicato per 8, mentre la seconda è sempre il numero d’oro moltiplicato per 7.

Intermezzo imbecill8: nel 1256, nell’ottava stanza approdo all’ultima iniziazione, quella di Cavaliere Kadosh. Ognuno degli 8 Maestri presenti, tra cui manca il defunto stupor mundi Federico, è accanto

a un animale foneticamente 8-munito. Osservo un aquil8, un passer8, un lag8, una n8la, un lepr8, un cane bass8, un paper8, una capretta 8mana (un bard8 non avrebbe potuto salire la scala). Ho ancora il petto nudo e sulla spalla mi sale uno scimmi8. Un Maestro, anzian8 e tracagn8, mi si avvicina e mi dice: -Abbiamo riconosciuto la divinità in te. Sii sempre puro e non ordire alcun compl8- Poi mi infila una camicia bianca e me la abb8na. Quindi mi dà un pizzic8 sulla guancia e mi abbraccia, stringendomi con le dita la coll8la.

Perché tanto 8 a Castel del Monte?

Non può esserci una risposta univoca.

Nella kabbala ebraica il numero 8 è affiancato all’incognito che viene dopo il 7, l’equilibrio terrestre. La trascendenza incredibile (8) viene dopo l’immanenza credibile (7). Cabalisticamente l’8 si abbina a ciò che è oltre la natura, a ciò che sta un gradino sopra l’ordine naturale; il 7 è la natura finita che, in quanto finita, è limitata.

L’ottava lettera dell’alfabeto ebraico, chet, indica lo steccato (da superare per guadagnare una vita vera). La settima lettera, zayin, allude alla vittoria di un’impresa compiuta, dunque conclusa.

A Gerusalemme è ottagonale la Cupola della Roccia, moschea dorata che sorge sulla spianata dove Salomone ha eretto il Tempio. Federico la ammira durante la sesta crociata in Terrasanta, nel 1228.

Dopo i 7 Cieli dell’Islam, il solo Maometto, tra l’altro involandosi dalla Cupola della Roccia, giunge all’ottavo Cielo, sede di Allah.

Gesù il Cristo risorge l’ottavo giorno, il primo dopo il sabato ebraico, che è il settimo della settimana.

Ha 8 punte la rosa dei venti, che i marinai si tatuano per indicare la partenza verso l’ignoto (8) e l’allontanamento dal noto (7).

Ottagona è la Torre dei Venti nell’Agorà di Atene.

È ottuplice il cammino buddhista della rettitudine.

8 sono i petali del fiore di loto che, nel buddhismo e nell’induismo, simboleggia la bellezza incontaminata (8) rispetto all’acqua stagnante in cui sboccia (7). 8 sono i raggi della ruota al centro della quale il Buddha siede in meditazione.

8 sono i sentieri da seguire nel Tao.

8 volte 8, cioè 64, sono gli esagrammi dell’I-Ching.

È ottagonale la Sala dei Sogni nel tempio di Horyuri, presso Nara, Giappone (VIII secolo).

Hanno disposizione ottagonale le nicchie radiali all’interno del Pantheon.

Sdraiato, l’8 dà il simbolo dell’infinito, di ciò che non ha barriera.

Scendo da Castel del Monte nel mezzodì di quel giorno di settembre. Non ho alterato le mie 8 nature di ottuso provincial8, di gl8logo da strapazzo, di scrittore da s8suolo, di allogl8 in patria, di 8dramma fuoricorso, di scommettitore del superenal8, di candido ingenu8, di testa di 8ne.

Però il Castello mi ha portato per poche ore nell’8 volante dell’extraordinario. E il mio respiro è leggero e contento.

Carlo Maria Milazzo

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