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“E’ zachegn”, gioco ultracentenario

N. 88- Aprile 2024

 

 

 

“E’ zachegn”, gioco ultracentenario

Qualche voce di paese dice che ha origini spagnole, ma chissà se è vero, potrebbe essere come no. La dominazione spagnola in Italia ebbe “ufficialmente” inizio nel 1559 e durò per più di un secolo. La presenza era comunque antecedente, dato che nella famosa Battaglia di Ravenna (1512) truppe spagnole si schierarono dalla parte pontificia contro i francesi di Gaston de Foix (ucciso proprio dagli spagnoli) e i ferraresi del Duca Alfonso I° d’Este. Lasciamo quindi da parte datazioni storiche, sulle quali nessuno probabilmente può mettere la mano, e veniamo alla parte espressamente ludica dell’argomento, anticipando una breve introduzione linguistica: il dialetto, come per altri vocaboli, dà una deroga grammaticale, nel senso che l’articolo della versione dialettale (e’, cioè e con apostrofo) è utilizzato non solo come classico “il” per i vocaboli di genere maschile, ma anche come “lo” davanti alla parola di genere maschile che comincia con la lettera “z”, in questo secondo caso contrariamente all’italiano.

Dunque e’ zachegn, gioco collettivo, da comitiva, simile a quello delle bocce. E come quello delle bocce ha allignato tipicamente nelle zone romagnole di campagna, vantando, questo è vero, origini ultracentenarie. Secondo alcune biografie locali (Comitato Feste e Sagre – Pieve Cesato – Faenza RA), già giocava a zachegn Girolamo Pelloni, traghettatore sul fiume Lamone, padre del ben più famoso Stefano, in partite con cittadini di una sponda o dell’altra, nelle soste del traghetto.

Come si svolge? Scorrendo biografie -molto dettagliata quella di Susanna Venturi (Giochi di Romagna, Longo Ed. 1996)- esistono alcune varianti da paese a paese o da consuetudine a consuetudine delle comitive. Dicevamo simile al gioco delle bocce: i “soggetti” sono e’ zachegn (in sostanza il pallino) e e’ frogn (la boccia). Entrambi sono mattoni che una cottura irregolare ha “fermato” in uno stato di laterizio per così dire anomalo. Il primo è un mattone intero e i secondi sono parti, le dimensioni sono variabili per tutti. Il gioco si svolge su uno sterrato o su fondo erboso basso. In sostanza il gioco prevede di determinare la successione di tiro dei frogn con una breve sessione preliminare di tiri verso un sasso (e’ pat, il “patto”, o regola, detto anche “barloc”): chi resta più lontano dal “patto” tira per primo e così via. Quindi viene messo il bersaglio (e’ zachegn) in posizione verticale, e su questo vengono collocate le poste di gioco concordate fra i giocatori, comunemente delle rondelle (arparell). Tirando i frogn si cerca di colpire e’ zachègn per far cadere le monete. Vince chi alla fine si trova con il proprio frogn più vicino alle monete. Come descriveva Susanna Venturi citata sopra: < È un giuoco sano, di forza, all’aria aperta, che addestra l’occhio e le membra >. E’ tuttora praticato in partite e tornei di circoli e associazioni del tempo libero.

Nella foto: al centro e’ zachegn con le rondelle (arparell), e vicino i frogn lanciati (ho visto, c’ero anch’io!)

Roberto Aguzzoni

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