Domenico Scarlatti, il “dio del clavicembalo”

La seconda puntata del feuilleton dedicato ai 4 Apostoli del 700 in musica, è un omaggio a Domenico Scarlatti. Anch’egli con Bach e Haendel (di cui si dirà) nacque nel 1685, come riferiscono la maggior parte delle fonti (ma la breve biografia di Domenico, riportata sul Parisotti -testo in uso presso i Conservatori- adduce la seguente data di nascita: Napoli 1683 e non 1685). È il secondo illustre italiano e compone le sue sonate dall’ardua tecnica per la schiera femminile, come fece il Vivaldi. Troppo generosamente si scrive di Scarlatti, ma gli Scarlatti furono 2, entrambi famosi e uno il padre dell’altro. Alessandro (1660? -1725), di cui si celebrerà il tricentenario della morte, il 24 ottobre 2025 e Domenico figlio (1685 – 1757), il “dio del clavicembalo”.

Domenico, prodigatosi in tutti i generi musicali a carattere compositivo, eccelse creando un esclusivo raffinato artistico tra i più luminosi di ogni tempo. Nell’anno di nascita di Domenico, Alessandro fu scritturato a Napoli presso la Cappella Reale. Fu il padre ad impartire i primi rudimenti al figlio, il quale si perfezionò in seguito alla scuola toscano-lucchese di Francesco Gasparini. Probabilmente Domenico durante il suo soggiorno a Venezia conobbe – oltre al Gasparini al tempo (1708) direttore della Pietà – anche G. F. Haendel, che ritroverà l’anno successivo nella disfida organizzata a Roma dal cardinale Ottoboni.
Tale vicenda vedeva la prova di questi 2 colossi, all’organo e al clavicembalo. Lasciata la vittoria a Haendel per quanto riguardava la composizione e l’esecuzione all’organo, lo Scarlatti spadroneggiò aggiudicandosi quindi la seconda prova al clavicembalo e risultando prescelto campione, dinnanzi al Cardinale. Non va trascurato che, nell’epoca barocca, suonare uno strumento significava che l’esecutore eseguiva ciò che di proprio aveva concepito e trascritto. A Roma lo scrivere opere per i teatri privati, gli dà una fortuna maggiore rispetto a quella che ebbe il padre Alessandro, che venne eliminato dal concorso indetto per il ruolo di Maestro di Cappella presso il Duomo di Milano.

Domenico Antonio Velasco, Ritratto di Domenico Scarlatti (1738)
Corre il 1715 quando Domenico diviene Maestro nella Cappella Giulia in San Pietro. In moltissimi pensarono che l’ammirazione che si era creata tra Haendel e Scarlatti avesse spinto Domenico a trasferirsi a Londra, ma non fu così. Egli si trasferì a Lisbona, dove scopri che la composizione clavicembalistica interessava moltissimo i componenti della Casa Reale del Portogallo. Investito del Cavalierato di San Giacomo, fu insegnante dei principi delle Asturie, terminando la sua esistenza a Madrid. La copiosissima produzione di Domenico per quello strumento a tastiera a corde pizzicate – per brevità anche cembalo – cataloga oltre 500 sonate; un tesoro in musica che nega l’arte dell’improvvisazione. Nella sua musica, le pause che la vita palesa, non sono contemplate né contestualizzabili e la realtà canonica della composizione scritta si mescola con il mettere in atto la fantasia. Il risultato è semplice ed essenziale, come lo è sempre stato il suo tenore di vita modesto e ben radicato nel proprio modus vivendi, tanto da non essere intaccato dalla sua celebrata pratica di esecutore. A volte la rigidità formale conduceva Domenico a stendere qualche composizione a carattere sacro come: Salve Regina e Stabat Mater o arie serie come
Consolati e spera – https://youtu.be/Y6n9rs3JCVg?si=zvQAJVoyhDfrLVgu
che trovasi nella raccolta di arie compilata da Alessandro Parisotti, nei cui 3 volumi, figurano parecchie arie per voce e strumenti tratte da opere (nella raccolta ridotte per strumento a tastiera) composte dal padre Alessandro, ma di Domenico è visibile solo la citata.

I biografi che sostengono l’andata in terra londinese di Domenico scommettono che quella scintilla che scatenò l’inferno nel compositore, fu dovuta all’ascolto delle composizioni inglesi per virginale.
Di Alessandro padre, in Parisotti, si possono invece leggere:
Toglietemi la vita ancor – https://youtu.be/TxO6ZZs4peo?si=rlgeE4596YvrLXYN
Già il sole dal Gange – https://youtu.be/ELneMHc65WU?si=89OpwHrEozdhJH8P
Son Tutta Duolo – https://youtu.be/8p_FjGw1ZB8?si=LPoo9ja1VpDakcej
Ogni pena più spietata – https://youtu.be/Z9hCfKoixQ0?si=yT2zGvWOviXAfrwS
Tornando alla tenzone ordita dal Cardinale Ottoboni, il fatto che Domenico avesse sconfitto Haendel ha nel pensiero compositivo scarlattiano solo pochi riferimenti, ovvero, al padre Alessandro, al maestro Gasparini e forse a Francesco Durante, di un anno più vecchio di Domenico e autore del brano per voce e strumento in riduzione Danza, danza fanciulla gentile.

Purtroppo, anche nella raccolta del Parisotti, vi sono pubblicate composizioni citate solo di “Scarlatti “che lo stesso Parisotti lascia al caso, ovvero senza specificare che quelle arie poste in antologia sono solo di Alessandro e non Domenico, che, suo malgrado, raggiunse meno fama del padre nell’ambito vocale.
Nelle sue sonate o esercizi, la concezione di motivo vocale o variazione è lontanissima da quella che è la risultante del suo pensiero compositivo, in cui si presentano un solo tempo, un solo tema che viene eseguito mantenendo il tempo allegro o moderato, senza nessun intercalare o elasticità dinamica. Questo unico tema è costituito da tanti altri temi, concatenati occultamente, in un contesto strumentale fuori dalla consueta prassi della sua epoca. Un tempo solo era indicato per esprimere un solo sentimento, una sola emozione, un unico stato incoraggiante che prendeva vita e si spegneva nella stesa di quella pagina. Una sorta di distacco emozionale, di liberazione, di purificazione dell’anima, della quale Domenico aveva estremo bisogno e che trasmetteva empaticamente alla partitura. Nell’immobilità del mondo, Domenico, dona gorgoglìo ai tempi allegri ed enigma agli adagio.

Secondo il suo parere, solo una trentina di quei 500 brani erano degni di essere diffusi a mezzo stampa. Ricorrente nelle composizioni di Domenico l’accordo di quinta o dominante, (per esempio: la scala di DO maggiore vede il V grado con il SOL; modello che se trasposto nella scala di DO minore, trova in chiave SIb,MIb, LAb e inalterato il SOL) che immette alla tonica. Più precisamente dal V grado si raggiunge la tonica della tonalità, scendendo di una quinta o salendo di una quarta, considerati intervalli perfetti.
Indubbia la sua permanenza in terra di Spagna, poiché nelle sue composizioni versò gli stili ed i ritmi di quella cultura, emulandone le sonorità della chitarra e dei passi di danza. La forza espressiva delle sue creazioni tardò ad essere compresa in Italia, ma fu ancor peggio in Inghilterra. I voluntaries (così denominati), vennero mescolati alle parti fisse durante la celebrazione delle funzioni religiose, confutando ad essi il loro vero valore.
A Norimberga, Amsterdam, Parigi e Londra vennero pubblicati Pieces pour le clavecin. Lo stesso Gioachino Rossini per costituire alcuni brani strumentali si ispirò a Domenico. Solo Beethoven, Haydn e Mozart concepirono profondamente il suo genio; così fu per lo stesso Maurice Ravel. Solo dopo il 1953, con Ralph Kirkpatrick, vennero messe a inventario le 555 sonate. Ogni precedente catalogazione, quindi, risulta essere nulla.
Ritenuto il più illustre compositore di musica strumentale, Domenico Scarlatti si cimentò anche nella “Fuga del gatto”, dopo che il meraviglioso animale aveva camminato divertito sulla tastiera del suo clavicembalo. Il brano fu fonte di ispirazione a Rossini per il “Duetto buffo dei gatti”.
Mirella Golinelli