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Camera singola per Monna Lisa

N. 98- Marzo 2025

 

 

 

Camera singola per Monna Lisa

Ho paura di sentirmi sola. La mia vita è stata (quasi) sempre in mezzo alla gente, talora anche troppa; sono una ragazza abituata ad una stanza condivisa, e adesso… non so… Monsieur Macron, monsieur le Président, dice che mi vuole proteggere. Da che cosa?

Tutto, nella mia vita ingarbugliata, mi ha portata nel mondo. Ho viaggiato tanto, J’ai beaucoup voyagé; dicono che “partire è un po’ morire” e io a quella parete mi ero ormai affezionata.

Io, la misteriosa Monna Lisa, Lisa Gherardini, che mio marito Francesco del Giocondo chiese di ritrarre a quel genio di Leonardo da Vinci. Genio sì, ma vagabondo anche lui.

Ci incontrammo la prima volta a Firenze nel 1503, lui era già vecchietto e molto famoso, io non arrivavo ai 25 anni. Ma io non sono stata la prima Monna Lisa della sua vita. Ce n’era stata un’altra, Monna Lisa di Domenico di Brettone, presente molto prima, al tempo del suo Battesimo. Chissà se nella sua testa lui creò un legame tra noi due.

Il maestro partì per Parigi con il mio ritratto arrotolato nella valigia; non lo aveva finito, gli ci vollero quattro anni per farlo. Chissà perché ci pensò su così tanto.

A me piaceva stare a Parigi, anche se non era certo la “ville lumière” che verrà decantata in seguito. Poi mi portavano in giro per i castelli del re di Francia Francesco I: fui ammirata in quello di Cloux e in quello di Fontainebleau. Nel 1665 abitai per la prima volta al Louvre, poi mi portarono a Versailles.

La Rivoluzione francese mi face ritornare al Louvre, ma mi piazzarono in un triste corridoio; forse era la punizione per essere stata tanto amata dai detronizzati sovrani. Poi il nuovo sovrano, Napoleone Bonaparte, mi rivolle per sé e per la moglie Giuseppina, salvo poi rispedirmi al Louvre, fortunatamente in una sistemazione più degna del buio corridoio iniziale.

Il Salon Carré dopo il furto, 1911 (ASFi, Tribunale di Firenze, fascicoli penali, n. 64/1914, c 191c)

Sono rimasta nel Salon Carré fino al 1911, fino a che uno strano soggetto, tal Vincenzo Peruggia, mi tolse dalla cornice, mi arrotolò sotto il cappotto e fischiettando mi fece uscire di nascosto dal Museo. Mi nascose in una valigia sotto il suo letto. Mi aveva rubata -ho saputo poi- perché sosteneva che, essendo italiana, dovevo ritornare all’Italia. Perciò, dopo mesi di “sotto-il-letto” ed alcuni altri in cui fui appesa nella sua cucina, egli trattò per vendermi in Italia. Era un semplice, non capì che i suoi interlocutori erano più avveduti; a dicembre 1913, Peruggia finì in galera, io fui esposta nella mia città, a Firenze, alla Galleria degli Uffizi. La sosta in patria durò pochi giorni; mi portarono a Roma, per farmi ammirare anche da Re Vittorio Emanuele III (quanti re nella mia storia!!!), poi ripartii per la Francia. Tornai al mio posto al Louvre, accompagnata dall’amore da tanti che vennero a vedermi di persona.

Era il 1914, la Prima guerra mondiale era dietro l’angolo e, per proteggermi, mi tolsero nuovamente dalla mia parete. Così mi salvarono e potei tornare sul mio caro muro al Louvre. Stessa sorte mi toccò durante la Seconda guerra mondiale: per difendermi mi mandarono prima al castello di Chambord e poi a quello di Amboise. Questa particolare sede mi ha molto commosso, perché proprio lì era morto il mio artefice, Leonardo, il 2 maggio 1519.

Il clima successivo alla fine della Seconda guerra mondiale mi permise tour intercontinentali; sono stata a Washington e a New York, a Mosca e a Tokio. Sempre sapendo che sarei tornata alla mia parete nella Salle des Etats. Ho dovuto anche constatare che non a tutti sono stata simpatica: mi hanno tirato contro dell’acido (tentativo di femminicidio come poi ne sono accaduti in Italia?), una ciotola e una torta. Ho resistito a tutto, anche grazie alle amorevoli cure regolarmente ricevute.

L’allestimento della salle des États (Louvre) in cui è esposto il dipinto
© Musée Louvre, 2019 / Antoine Mongodin

Adesso devo cambiare casa di nuovo. J’ai beaucopu voyagé, come dicevo, e tante volte mi è piaciuto; ma ormai sono molto vecchia e le novità mi spiazzano. I geriatri dicono che la solitudine è il male peggiore per i vecchi. Io, insomma, via da quel muro e dai miei vecchi compagni di “Salon” non vorrei proprio andarci. Ma tant’è, a un certo punto nessuno ti chiede più il tuo parere. Beh, spero che verrete sempre in tanti a trovarmi. Au revoir, mes amis. Monna Lisa

Lisa Bellocchi

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