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1908: quando Reggio Emilia aiutò Reggio Calabria

N. 104- Ottobre 2025

 

 

 

 

1908: quando Reggio Emilia aiutò Reggio Calabria

Il disastroso terremoto che il 28 dicembre 1908 distrusse Reggio Calabria e Messina consente di fare memoria di un sacerdote reggiano, il canonico mons. Emilio Cottafavi[1] (1869-1931), che si distinse nel soccorso a quelle popolazioni.

Mons. Cottafavi[2], infatti, fu tra i primi ad accorre nelle zone terremotate: a lui Pio X il 7 gennaio 1909 affidò la delicata missione di recarsi in Sicilia ed in Calabria quale delegato pontificio per portare e gestire i soccorsi della Santa Sede. Il decreto di nomina reca la firma del cardinale segretario di Stato Raffaele Merry del Val. Per nulla facile fu il suo accesso ai luoghi del disastro, in cui era stato dichiarato lo stato d’assedio. Per questo mons. Cottafavi ricorse al cugino onorevole Vittorio Cottafavi, sottosegretario alle Finanze, che gli fece pervenire il salvacondotto disposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, accompagnandolo con queste parole: “Mille auguri e plausi per la sua grande opera di carità”.


Mons. Emilio Cottafavi

Mons. Cottafavi, figura di primo piano del clero reggiano a cavallo dei secoli XIX e XX, era stato chiamato urgentemente in Vaticano da un altro reggiano, monsignor Raffaele Scapinelli, allora segretario per gli affari straordinari della Segreteria di Stato, poi nunzio apostolico a Vienna e infine cardinale[3].

Papa Sarto manifestò sempre nei confronti di mons. Cottafavi grande considerazione, fiducia nell’impiego dei mezzi finanziari da lui stanziati: ben oltre 2.500.000 lire di allora! e gratitudine. Il delegato pontificio in una relazione a Pio X così ricordava il suo impatto con le zone terremotate: “Nessuno fra i primi accorsi a Messina potrà scordare l’impressione di orrore e di pietà che si provava aggirandosi fra quel cumulo di macerie. Ma se Messina era ridotta ad un ammasso di rovine, Reggio era pure rimasta gravemente danneggiata e la zona colpita dal terremoto era attorno a Reggio ben più vasta che in Sicilia”.

L’ordine impartito dal Santo Padre era stato il seguente: “Riaprire nel più breve tempo possibile le chiese al culto ove il terremoto le aveva distrutte e provvedere all’alloggio dei parrochi tenendo presente anche il bisogno di locali ad uso scuole provvisorie, a mons. Cottafavi, delegato pontificio per tale incarico dovevasi ricorrere onde concretare ogni dettaglio per quest’opera di soccorso”. Nella stessa relazione mons. Cottafavi sottolineava la necessità che “il soccorso della Santa Sede fosse il più sollecito e razionale. E prima mossa necessaria evidentemente fu quella di una rapida visita ai paesi colpiti per farsi un’idea del lavoro da eseguire, delle difficoltà prevedibili, delle circostanze locali. Purtroppo, dopo questa visita la catastrofe avvenuta si presentava in modo così orribile, le circostanze e le difficoltà locali così svariate da indurre le più gravi preoccupazioni”. La stessa relazione, conservata nell’archivio del Seminario urbano di Reggio Emilia[4], si diffondeva sulla situazione dei paesi aggrappati su ripidi pendii senza accessi possibili, sulla disastrosa condizione delle strade, sulla mancanza di materiali da costruzioni, sull’aumento continuo del costo della manodopera, sulla scarsa qualificazione della stessa. “Ma vi era un ordine da obbedire – quello del Papa -, vi era la carità cristiana che reclamava il suo posto”. Il problema degli orfani, dei ragazzi abbandonati, delle giovani che avevano perso i familiari e che erano in pericolo costituirono una delle primarie preoccupazioni sia di monsignor Cottafavi che della Santa Sede. Altro problema che il Cottafavi, coadiuvato dal conte Roberto Zileri dal Verme di Vicenza, dovette affrontare fu il genere di costruzioni da realizzare e che garantissero stabilità e durata. Ecco allora la scelta di costruzioni in legno “costituito da uno scheletro esterno solidamente costruito a cui erano fissate in doppio ordine uno strato di lamiera ondulata e feltro all’esterno e uno strato di parete di legno all’interno”: Si trattava di un tipo di costruzione in uso da tempo in Inghilterra e nelle colonie, utilizzato con successo per caserme e fabbricati. Tra le ditte specializzate in tale tipo di costruzioni, il Vaticano preferì la John Mc Manus, che doveva consegnare i padiglioni completamente ultimati con la chiave sulla toppa ed i vetri alla finestre, pronti per essere abitati.

La ciclopica, intensa ed indefessa opera di soccorso e ricostruzione svolta da mons. Cottafavi in Calabria in condizioni proibitive e vivendo in una misera e sconnessa baracca costruita all’interno del monastero della Visitazione colpito dal sisma, può essere così sintetizzata: ricostruite 208 chiese, 153 canoniche e 46 asili; centinaia di orfani assistiti. Il delegato pontificio percorse ripetutamente con mezzi di fortuna il territorio calabrese terremotato; il suo impegno per la ricostruzione fu sempre accompagnato da una fervida ansia pastorale e dalla preoccupazione per la rinascita spirituale e la catechesi di quelle popolazioni. “Quelle chiese, quelle scuole che rappresentano un’epoca di transizione – così concludeva mons. Cottafavi la citata relazione –, un provvedimento provvisorio, possano dire in nome di Sua Santità che anche dopo un immane disastro la prima a risorgere è la fede cristiana, quella fede secolare che ha scritto sul suo labaro: In hoc signo vinces”.

Foto di Papa Pio X con dedica a mons. Cottafavi

Pur impegnato senza sosta nell’opera di soccorso in difficilissime e proibitive condizioni, mons. Cottafavi riusciva a tenere costantemente informata la Santa Sede, soprattutto per il tramite di monsignor Raffaele Scapinelli, della sua opera, che raggiunse varie diocesi della Calabria. Le tantissime lettere sono conservate sia nell’Archivio Segreto Vaticano, che in quello del Seminario di Reggio Emilia e della parrocchia cittadina dei Santi Giacomo e Filippo[5]. Neppure venti giorni dopo l’arrivo di mons. Cottafavi nelle zone terremotate, il 25 gennaio, così gli scriveva mons. Scapinelli: “Le ripeto che il Santo Padre ed il Cardinale Segretario di Stato elogiano l’opera sua che si svolge in mezzo a tante difficoltà”. E il 19 febbraio lo stesso delegato così informava monsignor Scapinelli sulle condizioni dell’alto Aspromonte: “Quasi tutti quei paeselli sono stati completamente abbandonati alla loro sorte. Non si ha una tavola per costruire una baracca, non vi è uno straccio per ricoprirsi, non un po’ di pane o un pugno di fagioli. Quella povera gente vive ancora sotto capanne costruitesi con frasche e coperte con pochi cenci estratti dalle rovine. Mio Dio, quanta miseria!”.

Il bozzetto di Cirillo Manicardi rappresentante San Prospero (patrono di Reggio Emilia) inginocchiato sulle rovine di Reggio Calabria

Durante il biennio di permanenza a Reggio Calabria mons. Cottafavi fece edificare anche una baracca-chiesa in legno dedicata a San Prospero in salita Trabocchetto, per la quale il prelato reggiano commissionò al pittore reggiano Cirillo Manicardi[6] un quadro rappresentante il Patrono della diocesi di Reggio Emilia inginocchiato sulle rovine di Reggio Calabria con le braccia aperte e ai suoi lati due giovanette rappresentanti la città di Reggio Emilia che soccorreva la sventurata città calabra. La pala misura cm. 173 x 114. La chiesa fu inaugurata solennemente il 25 giugno 1910, festa liturgica di San Prospero, di cui il canonico Cottafavi introdusse la devozione a Reggio Calabria; per molto tempo nella toponomastica reggina è rimasto il nome di “via San Prospero[7]”. Il dipinto, recuperato dal Nucleo Tutela Patrimonio Artistico dei Carabinieri di Cosenza, è stato esposto nel Museo diocesano di Reggio Calabria. Ne è in corso il restauro a Reggio Emilia e l’opera sarà esposta nel Battistero di Reggio Emilia il 22 novembre nell’ambito di un convegno di studi dedicato all’opera di Cottafavi in Calabria.

La missione di delegato pontificio permise al canonico reggiano di venire a contatto con due sacerdoti, poi elevati agli onori degli altari: don Luigi Orione, che operava a Messina, e il canonico Annibale di Francia. L’Archivio del Seminario reggiano conserva ben undici lettere autografe di don Luigi Orione a monsignor Cottafavi, ricche di intense riflessioni di natura spirituale ma anche di notizie spicciole sulla quotidianità dell’azione pastorale ed educativa, inviate da Messina e Reggio Calabria[8]. Particolarmente profonda era la stima e viva la riconoscenza di don Orione per il delegato pontificio, al quale assicurava sempre un particolare ricordo nelle sue preghiere, come testimoniano le lettere datate 13 aprile e 14 aprile 1911.

Quando nell’agosto del 1910 a conclusione della sua attività di delegato lasciava definitivamente la Calabria, mons. Cottafavi donò la sede della delegazione pontificia – la chiesa e la “villa” di San Prospero in cui aveva operato – a don Orione che la trasformò in scuola diurna e serale. Con una lettera datata 27 luglio 1912 su carta intestata “Istituto San Prospero – Opera Divina Provvidenza – Reggio Calabria, don Orione informava monsignor Cottafavi, divenuto arciprete della cattedrale di Reggio Emilia, delle attività avviate a San Prospero. La missiva è assai importante anche per una riflessione, attualissima, sulla Provvidenza. Scriveva don Orione “L’ordinario stile della divina provvidenza è amareggiare dapprima, e magari farci patire un po’ d’appetito, ma poi ci fa piangere di consolazioni e non manca di mandare la pagnotta tutti i giorni, e delle volte, e anche dolcemente spesso, col pane anche il pesce. Oh, il Signore è sempre lui! è sempre il Signore! È anche la pace e l’amore fraterno poi che aiuta: qui stiamo tutti benone, ma proprio benone. E sì che non manca mai, si può dire il nostro piatto prediletto di tutte le case: insalata di pomodoro, peperoni e cipolla, l’insalata, diciamo noi, anticolerica; ebbene: chi è più sano e più felice di noi della Provvidenza?”.

Tante le attestazioni di affetto, stima e riconoscenza che al momento della sua partenza il delegato pontificio ricevette; tra le altre una targa in metallo donatagli dalla Società Ginnastica “Fortitudo” e una statua in bronzo, opera dello scultore Pietro Pirajno di Roma, alta cm. 82, raffigurante San Paolo, fondatore della Chiesa reggina, recante sulla colonna a fianco dell’Apostolo la dedica del clero locale[9].

Il settimanale calabrese “Reggio Nuova” nell’edizione del 13 agosto 1910 dedicava ampio spazio all’opera benemerita del delegato pontificio e ne pubblicava in prima pagina una fotografia, definendolo “angelo consolatore delle regioni desolate dal tremuoto del 1908”. Il periodico evidenziava che il “degno prelato” in quelle contrade aveva sparso “tanto bene, destato così profonde simpatie”, lasciando “migliaia di cuori riconoscenti. Il fatale disastro, che tutto ci ha tolto, ci ha però lasciato intatti la memoria e il cuore, e noi ricorderemo sempre l’opera altamente benemerita di questo apostolo dell’Emilia generosa, che, lasciato il campo della sua attività religioso-sociale, è volato tra noi in nome del Papa della carità, a portarci il balsamo del conforto e del sollievo e la spinta prima alla nostra risurrezione; ricorderemo le sue sapienti e indefesse fatiche durante ben venti mesi, e gli consacreremo nei nostri cuori un culto perenne di sentita gratitudine  e di riverente affetto”.

Giuseppe Adriano Rossi   


[1] Nato a Gazzata di San Martino in Rio (Reggio Emilia) il 1 febbraio 1869, diplomatosi maestro, venne ordinato sacerdote il 19 settembre 1891 dal vescovo di Reggio Emilia mons. Vincenzo Manicardi. Immediato ed intenso fu il suo impegno sia nell’associazionismo cattolico, in particolare nell’Azione Cattolica, nel giornalismo, nella politica, nel campo della ricerca storica. Nel 1909 con motu proprio di Pio X venne nominato arciprete della Cattedrale di Reggio Emilia e protonotario “ad istar”. L’8 maggio 1926 Pio XI lo eleggeva vescovo di Tarquinia e Civitavecchia, diocesi che resse fino alla morte avvenuta a Roma il 7 aprile 1931. Scelse come motto episcopale” Per crucem ad lucem”. Per ulteriori notizie biografiche di mons. Cottafavi e sulla sua opera, cfr. Carlo Lindner, Nostri preti, Reggio Emilia, 1950, pp. 67–112.

[2] Giuseppe Adriano Rossi, Monsignor Emilio Cottafavi delegato pontificio per i terremotati della Calabria (1909-1910) e la chiesa di San Prospero a Reggio Calabria, in “Bollettino Storico Reggiano”, A. XXXVIII (2005), N. 128 e la bibliografia ivi pubblicata; Giuseppe Adriano Rossi, Monsignor Emilio Cottafavi per i terremotati di Calabria e Sicilia, in “Reggio Storia”, N. 121, pp. 9-10.

[3] Giuseppe Adriano Rossi, 90 anni fa Monsignor Raffaele Scapinelli veniva creato cardinale, in “Il Pescatore Reggiano 2006, Reggio Emilia, 2005, pp. 95–110 e la bibliografia ivi riportata.

[4] Archivio del Seminario Reggio Emilia, Carte Cottafavi.

[5] Giuseppe Adriano Rossi, Monsignor Emilio Cottafavi delegato pontificio per i terremotati della Calabria (1909-1910) e la chiesa di San prospero a Reggio Calabria, in “Bollettino Storico Reggiano”, A. XXXVIII (2005), N. 128.

[6] Ibidem, pp. 93-96. Il bozzetto della pala è stato donato dai nipoti del pittore al Museo Diocesano di Reggio Emilia, dove è attualmente esposto.

[7] Cfr. Francesco Arillotta, Reggio e le sue strade, Reggio Calabria, “Corriere di Reggio”, 1967, p. 199; Rocco Vilardi, Un cinquantennio di cronistoria di Reggio Calabria, Volume II da 1905 al 1910, Reggio Calabria , Biblioteca Comunale “De Nava”, Fondo Sandicchi, pp. 311–317; Placido Geraci, Giorgio Croce, Guida di Reggio Calabria e dintorni, Reggio Calabria, 19287, p. 71.

[8] Giuseppe Adriano Rossi, Don Orione e mons. Cottafavi, delegato pontificio per i terremotati di Calabria, in “Messaggi  di Don Orione”, N. 123, 2/2007, pp. 29-60.

[9] Entrambe sono conservate nel Seminario di Reggio Emilia; ringrazio il rettore don Gabriele Burani per averne permesso la pubblicazione.

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